Commento

Quando le rivoluzioni monetarie le fanno gli informatici

27 febbraio 2015
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Bitcoin è un nuovo tipo di rete di pagamento globale. Come MasterCard o Paypal, permette il trasferimento per via elettronica del denaro, ma con due differenze fondamentali: la rete Bitcoin è completamente decentralizzata, non è gestita da una singola azienda; ci sono invece migliaia di computer nel mondo che elaborano le transazioni Bitcoin in modalità ‘peer-to-peer’ (letteralmente ‘tra pari’). Inoltre, mentre i pagamenti MasterCard e PayPal sono basati su valute convenzionali come il dollaro o l’euro, la rete Bitcoin ha la sua propria unità di valore, il Bitcoin, appunto, il cui prezzo fluttua sulla base delle altre valute (ed è anche molto volatile). In pochi anni è passato da pochi centesimi di dollaro, fino a oltre 1’200. Attualmente un Bitcoin vale circa 200 dollari. Il volume globale è stimato in circa 5 miliardi di dollari. Gli utilizzatori di tale valuta sono entusiasti. Per la prima volta, grazie alla rete, si crea un sistema in grado di disintermediare il sistema bancario tradizionale. Le criptovalute (al plurale perché sono ormai più di 200) sono completamente sganciate dal circuito finanziario classico. È possibile addirittura creare unità di tali monete fornendo capacità di calcolo alla rete. Un po’ come la corsa all’oro: i primi che arrivano trovano facilmente e senza grandi investimenti le pepite migliori, gli altri devono accontentarsi delle pagliuzze e chi arriva per ultimo, se vuole partecipare all’affare, deve mettere in campo mezzi adeguati. Sta succedendo la stessa cosa con i Bitcoin. A pochi anni dalla loro creazione, chi vuole estrarre ancora ‘pepite’ deve industrializzarsi e mettere in piedi strutture capienti. Non bastano più le memorie dei propri Pc, ma server molto potenti. I rischi connessi con i Bitcoin sono molteplici. Il primo è l’alta volatilità della moneta : un sondaggio di Bloomberg del luglio scorso indicava che esiste ancora un certo scetticismo attorno alle monete virtuali, nonstante imprenditori hitech, venture capitalist ed hedge fund siano pronti a investire per costruirvi intorno un sistema di pagamenti globale (più economico) che nelle intenzioni vuole soppiantare i circuiti delle carte di pagamento gestite dal sistema finanziario classico. Un’idea quasi rivoluzionaria e anarchica : la ‘soppressione’ delle banche. Intanto i governi si preoccupano che i Bitcoin possano essere terreno fertile per operazioni criminali o terroristiche e in gran parte dei paesi manca un quadro normativo di riferimento. L’autorità bancaria europea (Eba), per esempio, invita gli istituti finanziari a “non acquistare, detenere o vendere ” le criptomonete prima che entri in vigore un regime regolatorio. Per i fans di queste valute si tratta di un vero e proprio tentativo di ingerenza delle autorità statali in quello che vuole essere un mondo (il web) libero da vincoli spaziali, legali e gerarchici. Lo scorso giugno la Finma ha ricordato che in Svizzera il semplice impiego dei Bitcoin come mezzo di pagamento non un regolamentato ; di conseguenza, tale attività non necessita di alcuna autorizzazione speciale. Ciò non significa che l’impiego di tali monete sia priva di rischio e i loro utilizzatori si espongono a elevati rischi di frode e perdita. Di contro, la compravendita a titolo professionale di Bitcoin rientra nel campo di applicazione della Legge contro il riciclaggio di denaro con tutti gli obblighi che ciò comporta.

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