Commento

Testimone privilegiato

24 novembre 2014
|

Una festa dello sport, celebrata all’interno di una cornice variopinta, chiassosa ed elegante al contempo. Mai austera, com’è giusto che sia per un appuntamento sportivo, ma elegante sì. Come compete al tennis, che sa esaltare senza mai deragliare. Senza violenza, senza esasperazioni. Senza volgarità.
Si celebrano le gesta dei più forti, si parteggia in maniera anche pittoresca, pur restando nei limiti di una rappresentazione festosa e divertita. Si inneggia ai campioni, ma non ci si perde in insulti agli avversari. Anche perché Federer è universale, oltre che svizzero. È trasversale. Federer è nel cuore degli appassionati di tennis. Roger è di tutti. Lui prescinde. Solo lui può tanto.
Svizzera nella storia, ma stavolta non solo per Federer. L’impronta più marcata, a ben vedere, è quella di Wawrinka. Lui non è più solo quell’altro, uno status con cui ha convissuto, prima di ritagliarsi un’enorme e meritata fetta di considerazione.
Che squadra, quante emozioni. Un evento unico e probabilmente irripetibile. Testimoni, noi, della messinscena di una recita per palati fini. Con il lieto fine, giusto premio a chi in definitiva è più forte. Nel pieno rispetto della legge dello sport, nella sua espressione più bella. Quella di una sfida immersa nella passione della gente, che dello sport stesso è una componente imprescindibile.
Testimoni privilegiati di un evento di portata storica, noi. Della sublimazione di due campioni che quando ci ricapitano. Esserci riconcilia con il lavoro. Toccare per mano le emozioni vive dei campioni affermati, abituati a vincere e a primeggiare in ambito mondiale, influenza il cronista spingendolo a rivendicare spazio. Per raccontare, per testimoniare. Per rendere partecipi.
Sensazione unica, quella di aver vissuto sulla propria pelle accadimenti che dal vivo infiammano, mentre a casa possono al massimo esaltare, in maniera anche un po’ effimera. Federer in lacrime lo si vede meglio in televisione, ma in campo si colgono molte altre sfumature del suo pianto: l’emozione incontenibile, la voglia di condividerla con i compagni di viaggio, l’abbraccio ideale di un pubblico che non ha eguali nella storia del tennis, liberatosi in un applauso comune carico di significati in quanto espressione di riconoscenza. Divisa equamente tra gli sconfitti un po’ compatiti e i vincitori che, al di là del tifo partigiano che è il sale dello sport, sono quanto di meglio il tennis abbia da offrire, a livello planetario.
Testimoni privilegiati dell’insalatiera alzata al cielo, noi. Stan la sognava di notte, a Federer mancava solo quella. Il suo corpo ha ceduto, quando ha capito di averla vinta. Ha ceduto alle emozioni che solo lo sport sa regalare, di quell’intensità. È il trionfo più bello perché condiviso da chi, in fondo, lo ha reso possibile. Roger e Stan, fenomeni cui rendere omaggio. È Federer che si è preso l’ultimo applauso, ma Stan ha rapito il cuore dei tifosi rossocrociati e suscitato l’invidia e il rispetto dei francesi.
Sono nostri, quei due. Poter scrivere, in conclusione di una intensa e felice giornata di lavoro, “io c’ero”, è un privilegio di cui andare fieri.

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔