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Casinò: riaperto Campione, ora è tutti contro tutti

Nostro viaggio tra le tre case da gioco sottocenerine a 4 mesi dalla riapertura di Campione. Parola ai vertici tra pandemia, diffide e... concorrenza

Nostro viaggio tra le tre case da gioco sottocenerine a 4 mesi dalla riapertura di Campione. Parola ai vertici tra pandemia, diffide e... concorrenza

19 maggio 2022
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Concorrenza, dipendenti, macchine, entertainment, soldi, gioco, rischio. Corre fra queste parole chiave la dinamica - tensione? - tra i Casinò del Sottoceneri. I fari sul mondo del gioco d’azzardo sono proiettati su Campione d’Italia, dove dal 26 gennaio scorso - dopo tre anni e mezzo di stop in seguito al fallimento - si sono riaccese le luci della sala da gioco racchiusa nell’imponente costruzione edificata da Botta. A tre mesi e mezzo dalla riapertura, sondiamo il terreno sul ricomposto scacchiere.

Ti-PressA quasi 4 mesi dalla riapertura

«L’impatto con Campione è stato assolutamente inferiore a quanto prevedevamo» - assicura Emanuele Stauffer, presidente del Consiglio d’amministrazione della Casinò Lugano Sa dal 2013. Dall’Admiral di Mendrisio, la direttrice generale Emanuela Ventrici fa sapere che l’evento è stato persino favorevole: «La cosa sorprendente è che l’effetto non è stato negativo, bensì positivo. Ho sempre creduto che la riapertura del Casinò di Campione non fosse una minaccia al nostro orizzonte, ma al contrario una grande opportunità di crescita per le nostre case da gioco. I nostri numeri, da gennaio a oggi, sono stati in costante crescita». Dal canto suo, Marco Ambrosini, amministratore delegato del Casinò di Campione d’Italia, interviene: «Non parlerei tanto di concorrenza. La dinamica è diversa. I clienti vogliono provare diversi Casinò».

Ti-PressIl gioco si fa sempre più digitale

Vien da dire, "les jeux sont faits, rien ne va plus!". Ma restiamo nell’enclave. Come sta andando la ripartenza? «Tre anni e mezzo di stop hanno determinato naturalmente una serie di problematiche - ammette Ambrosini - perché una discontinuità così lunga ha portato a una serie di controindicazioni, fra cui il decadimento degli impianti, delle macchine. Riavviare la struttura ha significato finanziare, l’aspetto più laborioso da affrontare. Se la domanda è semplicemente, "come va?", quello che va sottolineato è che noi abbiamo costruito un piano finanziario basato sul concordato fallimentare - che significa, pagare progressivamente i debiti che vanno appianati entro 5 anni - e stiamo andando bene perché gli introiti sono in linea con il piano. Poi deciderà il tribunale, c’è una fase di omologazione che è in itinere. Abbiamo dei commissari giudiziali, un tribunale fallimentare e quel che emergerà da queste valutazioni porterà a omologare il concordato, ciò che auspico avvenga». Rispetto al passato, la differenza risiede in una precisa separazione tra i conti del Comune e quelli della sala da gioco, non più vasi comunicanti? «Esatto. Oggi c’è un’azienda che ha un consiglio d’amministrazione, una sua autonomia operativa, che deve rendere conto prima di tutto ai commissari e al giudice delegato, e deve conseguire utili perché deve pagare i debiti. C’è un versamento al Comune (socio unico) progressivo, ma molto ridotto. Dopo 5 anni, pagati i debiti, per primi gli arretrati salariali agli ex dipendenti, tutto quello che guadagnerà la società di gestione del Casinò sarà del Comune».

‘Le nuove macchine sono più da entertainment e molto meno da gioco d’azzardo’

Di quanti dipendenti dispone oggi la sala da gioco? «Siamo ripartiti con 174 dipendenti (prima erano 492) assunti con bando di concorso pubblico, dai croupier agli amministrativi, che nel tempo saranno aumentati. I salari? Dimensionati alla media dei Casinò svizzeri». Dall’esterno sembra di poter osservare che tra i Casinò ticinesi e quello dell’enclave, la concorrenza si stia compiendo soprattutto in una corsa ad accaparrarsi giochi sempre più moderni e accattivanti e sul digitale. È così? «Le tecnologie attuali propongono sempre meno atteggiamenti compulsivi, ossia tipici del giocatore che si rovina. Oggi sono molto più pericolosi, in tal senso, i bar con le macchinette anziché i Casinò. A Campione abbiamo delle macchine che sono dei videogiochi, entertainment prima ancora di essere dei giochi d’azzardo. Il 70% degli introiti arriva dalle macchine ed è importante che siano prioritariamente oggetti d’intrattenimento». La registrazione digitale all’ingresso non è un limite? «Prima c’era una situazione disincentivante, perché c’era la coda alle casse, bisognava trasmettere i dati, firmare delibere. Oggi viene rilevata l’impronta digitale, e da quel momento in poi si entra al Casinò semplicemente toccando le macchine con il dito. Pur restando validi tutti i metodi tradizionali, è possibile giocare con un semplice "touch". In passato giravano molti più soldi fisicamente, oggi si caricano i soldi alla cassa "sul dito"». Con la pandemia c’è stato un aumento o una riduzione dei giocatori? «La pandemia ci ha penalizzato, perché fino alla fine di aprile per entrare al Casinò ci voleva il greenpass, che è stata una discriminante».

Il Casinò di Lugano - 220 dipendenti - torna ad analizzare le dinamiche fra le due sale da gioco affacciate sul Ceresio. «Nel 2017 - osserva Stauffer - con la chiusura di Campione vi erano circa 90 milioni a disposizione - somma che rappresenta all’incirca la cifra d’affari conseguita dalla casa da gioco dell’enclave prima della chiusura - che si è distribuita probabilmente tra Mendrisio, Lugano, e gli altri casinò italiani e stranieri. Lugano ha sicuramente beneficiato della chiusura di Campione. Nel 2020 è poi arrivata la pandemia, provocando un crollo delle attività. Nel 2022 stiamo tornando alla normalità. È chiaro che le nostre cifre sono inferiori rispetto a quelle del 2019 - con Campione chiuso e senza pandemia. Ma è difficile capire perché. È difficile valutare in che misura le variazioni della cifra d’affari riscontrate negli ultimi due anni di attività siano dovute alla chisura/riapertura di Campione o alle misure Covid adottate in Svizzera e in Italia. Il Covid ha modificato in modo rilevante le abitudini dei nostri clienti. Fatto sta che, oggi, il temuto impatto sui nostri risultati dovuto alla riapertura di Campione non si sta concretizzando. Non stiamo assistendo a un travaso di giocatori da Lugano a Campione, quantomeno non marcato; non vi è alcun esodo. Per noi, sin dal 2017, si è trattato di convincere i clienti della qualità dei nostri servizi, fidelizzandoli».
Come si presenta il risultato d’esercizio 2021? «Abbiamo registrato una perdita - in parte prevista. Una perdita di 2 milioni riconducibile al ‘terrestre’ e dovuta ovviamente agli effetti della pandemia, alla quale aggiungere una perdita di 5 milioni nell’online. L’online è una startup, un casinò nel casinò, un’attività che richiede grandi investimenti per entrare nel mercato, oltre che elevati costi fissi di struttura. È però il mercato del futuro. Sulla base delle nostre previsioni confidiamo di tornare nelle cifre nere nella seconda metà del 2023. Per il terrestre il ritorno alle cifre nere è auspicato già quest’anno». Gioco patologico: qual è il numero dei diffidati? «Abbiamo l’obbligo di diffidare i giocatori patologici. Quando scatta avviene per tutti i casinò svizzeri, inclusi dunque Mendrisio e Locarno che hanno gli stessi obblighi. Le diffide sono misure ordinarie. La diffida interviene non appena sorge il dubbio, circa la capacità del giocatore a gestire adeguatamente il suo rapporto col gioco; è unilaterale e il giocatore non può rifiutarla. Si tratta di un obbligo di legge, in vigore dal 2002, e uno dei fondamenti su cui poggia l’attività di ogni casinò svizzero».

Ti-Press‘La riapertura di Campione non ci ha scalfito’

Al Casinò Admiral di Mendrisio, oltre 210 dipendenti, domina l’ottimismo. «Devo dire che già nel 2021 la nostra casa da gioco - osserva Emanuela Ventrici - è stata una delle due uniche realtà tra tutti i 21 Casinò del paese che ha fatto registrare una crescita dei risultati tra il 2020 e il 2021 (+10%), nonostante i quasi 4 mesi di chiusura e la pandemia. Il nuovo anno è cominciato sulla stessa scia del precedente, anzi i risultati dei primi 4 mesi sono stati eccezionali tenendo conto che le regole e gli impedimenti post Covid non erano ancora del tutto smaltiti». Con l’allentamento delle misure anti Covid e il ritorno al gioco in presenza è aumentato il numero di giocatori? «Di sicuro i due anni di pandemia hanno accentuato il peso del gioco online sul mercato, che al momento a Mendrisio non disponiamo. Come era facile prevedere, non tutti i giocatori che hanno lasciato il "terrestre" a causa della pandemia e hanno abbracciato il gioco digitale, poi sono tornati alle vecchie abitudini. Previsioni su quanto i casinò terrestri abbiano "perso" a beneficio dell’online sono pressoché impossibili. Invece i dati del giocato non hanno subìto una flessione così decisa, segno che paradossalmente i due anni di Covid hanno operato una sorta di "selezione" del giocatore. In definitiva abbiamo perso quote di mercato legate ai giocatori "occasionali", mentre abbiamo mantenuto l’affluenza dei clienti affezionati e dei giocatori abituali».

La testimonianza

«È stato un po’ uno choc riprendere il ritmo, visto che lavoro soprattutto di notte. Ma è decisamente meglio così». Tra chi ha accolto con più gioia la riapertura del Casinò di Campione ci sono gli ex dipendenti che, dopo essere stati licenziati nel 2019, sono tornati a far funzionare la ‘macchina’ della casa da gioco. «C’è tanto entusiasmo per essere finalmente tornati a lavorare. Anche se a livello di orari e turnazione è più dura rispetto a prima: in media si lavora 1 ora e mezza in più ogni giorno», ci spiega Fabio (nome noto alla redazione). A essere diminuite sono invece le giornate di riposo. «Ora ogni cinque giorni di lavoro ne facciamo due di pausa, prima erano quattro di lavoro e due di riposo». Il motivo si lega agli effettivi dei quali dispone il Casinò, sensibilmente ridotti rispetti agli anni che hanno preceduto la chiusura. «Nel mio settore siamo una quarantina di dipendenti, che arrivano a cinquanta considerando i part-time. Prima eravamo circa 130», prosegue il nostro interlocutore, che vanta una lunga esperienza nel settore. «Alcuni servizi sono stati meccanizzati, ma a cambiare sono stati propri i metodi di lavoro. Un esempio: prima avevamo i camerieri del tavolo, che andavano dal cliente a portare da bere. O si occupavano del tavolo, se aveva bisogno di gettoni di e un pulita. Ora invece facciamo un po’ tutto noi. Il servizio è sempre uguale, ma senza una figura specifica». Un potenziamento di personale e offerta, come hanno spiegato la dirigenza e i dipendenti che abbiamo sentito, è comunque in programma nel prossimo periodo.

‘A Lugano in part-time, con i giochi di Campione’

«Durante gli ultimi due anni ho lavorato part-time per il casinò di Lugano. Portava avanti un progetto per alcuni giochi che fino a quel momento erano proposti solo a Campione. Erano anche stati invitati i clienti abituali, alcuni dei quali nel frattempo sono rimasti a Lugano. Altri invece sono tornati alla ‘Cattedrale’». Ma chi sono ora quindi i clienti che frequentano Campione? «La clientela svizzera è sempre ben presente, visto che ci sono meno ‘difficoltà’ nel giocare. In Svizzera il cliente è molto più monitorato. C’è poi anche una buona presenza di clienti ucraini. La maggior parte che frequentavano Campione già prima dell’inizio della guerra». A pesare negli ultimi mesi sono state anche le restrizioni sanitari all’interno della struttura imposte dal Governo italiano, differenti da quelle svizzere. «Dover tenere la mascherina e presentare il green pass è stato sicuramente un disincentivo. Specialmente se teniamo conto che nei casinò ticinesi non ci sono più restrizioni già da parecchio tempo», conclude Fabio. «Per il futuro sono fiducioso. Con un ritorno alla normalità sul piano sanitario e la possibilità, si spera, per i tanti ex colleghi ancora a casa di tornare a lavorare».

Il reportage

Questa sera vado al casinò. Mi gioco massimo 20 franchi. Se perdo pace, esco e torno a casa. Alzi la mano chi, bevendo un caffè al bar o discutendo con amici, non ha mai sentito pronunciare questa frase. Io ho deciso: visito le tre case da gioco del Sottoceneri e ci spendo una serata. Rigorosamente con un budget limitato. Un biglietto da venti. Tra Lugano, Mendrisio e Campione d’Italia, dove dal 26 gennaio la casa da gioco ha riaperto i battenti. Voglio capire come funzionano i casinò (soprattutto quello rinnovato dell’enclave) sparsi su un ristretto territorio. Voglio vedere quali sono le differenze, scrutare per alcune ore questo mondo. Tra l’ansia di perdere e di vincere.

Luci soffuse e il rumore frenetico dei pulsanti

Il mio ‘viaggio’ parte alle 17 da Lugano. Mentre la gente si gode il sole mangiando un gelato sul lungolago e i primi pedalò della stagione prendono il largo sul Ceresio, entro al casinò. Pochi minuti all’ingresso, dove mi viene chiesto un documento e consegnata la tessera necessaria per giocare. Ora sono dentro. Le luci sono soffuse. A rompere il silenzio ci pensa la miriade di slot machine, e qualche imprecazione di alcuni ragazzi seduti alle corse elettroniche dei cavalli. Vado alla cassa per caricare i miei 20 franchi sulla tessera che mi è stata consegnata all’ingresso. «I contanti puoi metterli direttamente dentro le macchinette», mi spiega gentilmente il responsabile. Parto quindi proprio dalle slot machine, dove diversi frequentatori, tutti "di una certa età", schiacciano con fare disinteressato i pulsanti colorati a ritmo regolare. La mia partenza è decisamente fortunata, in pochi minuti raddoppio la vincita. Ora mi sposto ai tavoli da black jack. «Sono di sopra - mi spiega una signora seduta accanto. Lì bisogna puntare di più. Per questo non vado mai». Mi ha convinto. E mentre lei infila un altro 10 franchi nella macchinetta, io riprendo a schiacciare il pulsante in cerca di fortuna. Questa volta non mi va bene, e torno alla cifra dalla quale ero partito. Decido di finirla qui e di spostarmi a Campione d’Italia. Uscendo incontro alcuni ragazzi, con i quali scambio alcune parole. «Vengo circa una volta alla settimana. È un modo soprattutto per occupare il tempo quando non si ha nulla da fare, e poi essendo in centro città è comodo da raggiungere». Ma - chiedo - si riesce a vincere qualcosa ogni tanto? «Dipende dalla giornata - ammettono i miei interlocutori -. «A volte si esce in positivo, altre invece... no. In ogni caso direi che il bilancio è neutro. Ma non si sa mai. Potrebbe capitare un giorno di fare il colpaccio».

Ti-PressPer entrare bisogna registrare le impronte

Drink e ritmo incessante

Arrivato nell’enclave, lascio l’auto nel grande parcheggio a due passi dal lago. Più macchinosa è invece la registrazione all’ingresso. Oltre a dover presentare il documento mi vengono prese quattro impronte digitali e scattate alcune fotografie. «La prossima volta sarà tutto più veloce» - mi rassicura una dipendente. Le impronte permettono di accedere ai vari giochi. Ci sono poi degli schermi in giro per il casinò. Appoggiando un dito si possono vincere vari premi, come ad esempio buoni per la benzina». Gli spazi interni, riaperti a fine gennaio dopo anni d’inattività, mi appaiono meno frequentati rispetto alla mia passata tappa. A dominare la scena è un folto gruppo di turisti asiatici che, accalcati attorno a un tavolo del secondo piano, giocano e ordinano da bere a ritmo incessante. Prendo posto alla roulette, completamente digitalizzata come tante altre postazioni. La pallina gira veloce e in poco tempo raddoppio la mia puntata. Questa volta non mi faccio ingolosire e vado subito a riscuotere. Prima di uscire scambio due parole con un signore sulla cinquantina, seduto vicino alle grandi finestre dalle quali è possibile intravedere il golfo di Lugano. Mi confida: «Vengo regolarmente al Casinò, abito qui vicino. Durante il periodo di chiusura sono andato qualche volta a Mendrisio. Ma era più scomodo. E poi qui la location è molto più bella, anche se non ci sono ancora tutti i servizi che c’erano prima».

‘Il tempo sta per scadere, fate la vostra giocata’

«Oh aspetta!» grida un giovane agli amici che stanno entrando al casinò Admiral di Mendrisio. Il via vai di persone all’esterno della casa da gioco momò è piuttosto intenso, anche perché si è ormai fatta sera e il mio ‘tour’ sta per volgere al termine. «Veniamo qui qualche volta, ma non sempre per giocare soldi. All’interno c’è un ristorante che fa pizze a prezzi ottimi, e si possono pure vedere le partite. Poi, certo, la puntata ci scappa quasi sempre», ammettono. All’interno, dopo aver mostrato la carta l’indentità come a Lugano, scopro un ambiente piuttosto animato. Mi dirigo verso le affollate roulette, dove una voce meccanica continua a ripetere "il tempo sta per scadere, fate la vostra giocata". Punto pochi franchi alla volta, osservando nel frattempo chi mi sta intorno: gruppi di ragazzi appena maggiorenni e adulti ben vestiti. Nessuno sembra resistere al fascino della dea bendata. Riesco a racimolare una vincita di 10 franchi e decido così di chiudere qui la mia giornata. Esco dalla casa da gioco. Fuori ormai è buio. Mi lascio alle spalle il brusio dei giocatori. Che unisce gioia e disperazione.