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Tocca a noi

Da settimane l’Iran protesta contro il suo regime. Nelle strade le donne bruciano i veli e chiedono più libertà. Il regime risponde con il fuoco, uccidendo chi gli capita a tiro. Gran parte delle vittime sono giovani, studenti. Eppure la popolazione resta in strada, tra pallottole e manganelli. Protesta per dei diritti fondamentali. Oggi le donne non ne hanno. Non possono andare in bici, allo stadio, non possono uscire dal Paese senza il permesso del marito, non possono sposarsi senza quello del padre. Ora gridano "donna, vita, libertà". Vogliono poter scegliere. Moltissimi gli uomini che le sostengono, unendosi alle proteste. Chi lo fa rischia tutto: la vita, la prigione, l’esilio. Ma il popolo iraniano non sta protestando contro l’Islam. Il velo è solo la punta dell’iceberg per una popolazione ridotta allo stremo, sfinita da repressioni e abusi. La protesta in corso è la più grande degli ultimi 43 anni di repressione totalitaria. Ed è diversa. È nata dalle donne, è nata tra i giovani, ma è trasversale, indifferente a genere, età, ceto sociale, gruppi etnici, religione. In questo momento in Iran si lotta in ogni città, in ogni regione. Questa volta il popolo è unito. E per la prima volta c’è la possibilità che il regime vacilli e crolli. Nonostante le violenze per zittire le proteste, gli iraniani non molleranno facilmente. Sono più stanchi che spaventati. Chi protesta ha bisogno del nostro sostegno per trovare il coraggio per continuare. Per evitare che le persone massacrate non se ne siano andate invano, occorre parlarne. Tocca a noi farlo. Tocca a noi divulgare la brutalità sistematica del regime, mettendolo alle strette. Tocca a noi echeggiare le grida di protesta, le rivendicazioni di libertà. Noi, tranne la nostra indifferenza, non abbiamo nulla da perdere.

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