laR+ I dibattiti

La rottamazione del contesto

25 novembre 2022
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Michele Serra ha lamentato l’"abolizione del contesto", riferendosi ad un ambito lessical-iconografico (le parole, le immagini). "Se creo un luogo dove tutto è istantaneo (…) nel quale non c’è lettura e non c’è scrittura che abbiano diritto ad avere una storia, una geografia, una cornice, insomma una spiegazione, allora tutto diventa un magma non solo illegittimo ma soprattutto incomprensibile". Ha ragione, come gli accade spesso; la cancellazione del contesto è uno degli effetti gravi dell’esaurirsi della comunicazione nelle modalità imposte dai social.

Ma la portata della cancellazione del contesto è ben più ampia; ho il sospetto che Serra voglia alludervi, parlando qui un po’ alla stufa (o alla nuora) e intendendo anche altro. E questo altro si riferisce a quanto avviene nel mondo e al modo in cui si tende a parlarne, in una sorta di immediatezza senza storia e senza memoria. Cose, persone ed eventi vengono ricondotti all’hic et nunc, escludendo ogni analisi che dilati un minimo il suo oggetto, e si elevi anche solo di un briciolo al di sopra della impellente/irrompente quotidianità. Così, vengono eretti altari, pronunciati ostracismi e scagliati anatemi senza occuparsi del fatto che una spiegazione, una contestualizzazione appunto, permetterebbe di evitare giudizi affrettati e decisioni basate su tali frettolose valutazioni; il vantaggio di tale modo di procedere è, ora, che l’immediatezza eretta a regola rende innocui e senza conseguenze anche giudizi errati, autorizzando altri giudizi (di segno opposto) che prendono il posto dei primi. Questi sono scomparsi, inghiottiti nel magma di cui sopra, e i loro autori possono continuare a discettare, smentendosi, senza tema che di questi (e delle loro conseguenze, anche tragicamente perduranti) qualcuno chieda loro conto.

Stiamo, sempre, parlando di una delle questioni centrali, eppure un po’ fuori dai radar. Il rifiuto della complessità e del ragionare articolato, la ricerca di scorciatoie e di semplificazioni che permettano di sentirsi in pace con sé stessi nonostante si sia abdicato alla fatica del comprendere, dello spiegare, del differenziare. I social hanno sdoganato l’argomentare manicheo e binario, facendone addirittura l’unico strumento metodologico degno di cittadinanza; basti pensare alla qualità del dibattito in relazione al tema della guerra, una deriva dialettica che coinvolge anche qualche migliore o antico maître à penser, e che attribuisce nuovo prestigio e nuova dignità a discorsi che (come diceva Eco) una volta cominciavano e giustamente finivano al bancone del bar o in altro etilico ambito. L’abolizione del contesto è compagna di strada della scomparsa dei fatti, dell’obliterazione della memoria, della cancellazione della complessità, del disprezzo delle idee (e dell’ideologia), della sciatteria elevata a valore; e, con essi, della incapacità di dare qualche gerarchia credibile alle opinioni espresse, di riscoprire in misura giusta il principio di autorità e la dignità dello studio, della formazione e della competenza. Inversioni di tendenza in vista? No grazie, troppa fatica anche solo pensarci; siamo troppo impegnati ad urlarci addosso mentre il nostro autobus va allegramente verso il muro.

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