I dibattiti

Elettricità, referendum e pragmatismo

(ti-press)

Ci troviamo nel bel mezzo di una grave crisi energetica che non terminerà superando l’inverno alle porte. L’elettricità scarseggia e ciò comporta un aumento massiccio dei prezzi dell’energia. Questi costi aggiuntivi gravano soprattutto sulle economie domestiche più indigenti, sugli inquilini e sulle famiglie. Una simile situazione dovrebbe far suonare un campanello d’allarme nella politica ma quello delle Camere federali sembra fuori uso. Nell’ultima sessione parlamentare è stata approvata una "legge per la protezione del clima" che di fatto implica il divieto dell’olio da riscaldamento, della benzina, del diesel e del gas. Si tratta di vettori energetici che, lo ricordo, oggi coprono circa il 60% del nostro attuale fabbisogno energetico. Forse è banale, ma certamente è utile, sottolineare che ogni termopompa in più, ogni auto elettrica supplementare comporterà una maggior domanda di energia elettrica, mentre le organizzazioni per la tutela dell’ambiente per un ventennio hanno bloccato progetti idroelettrici come l’innalzamento della diga del Grimsel e nel 2019 è stata chiusa la centrale nucleare di Mühleberg, che produceva 3 TWh di elettricità a zero emissioni di CO2. Il quantitativo energetico necessario alle sole Ffs ogni anno. Inoltre, dal 2000 ad oggi sono immigrate in Svizzera, al netto delle emigrazioni, circa 1,4 milioni di persone. Le conseguenze di tale immigrazione per l’ambiente e il consumo di elettricità non sono però un tema per il centro-sinistra. Per essere chiari: abbiamo un serio problema di approvvigionamento energetico invernale. È proprio in questo periodo dell’anno che abbiamo bisogno di più elettricità, quando c’è nebbia e neve, le giornate sono più corte e il sole irradia meno energia. Uno sguardo ai nostri vicini a nord mostra tutta l’assurdità della situazione. In seguito al disastro di Fukushima praticamente tutte le centrali nucleari tedesche sono state chiuse. Per contro, ancora oggi circa il 40% dell’elettricità tedesca proviene da centrali a carbone. La quota di energia solare è ferma all’8%. Greta Thunberg, che è avanti anni luce rispetto ai Verdi di casa nostra, lo ha detto chiaramente alcuni giorni fa: meglio il nucleare che il carbone.
Finché non riusciremo a immagazzinare abbastanza elettricità a basso costo, dipenderemo dall’energia nucleare e dai combustibili fossili e nessuna persona sensata demolirebbe la propria casa prima di averne costruita una nuova. Ma gli stregoni dell’energia non la pensano così. Nel 2017 hanno deciso di promuovere l’abbandono del nucleare senza avere tuttavia una fonte energetica sostitutiva che garantisca un approvvigionamento elettrico sicuro e conveniente. Prima della votazione sulla strategia energetica 2050, l’allora Consigliera Federale Doris Leuthard aveva spergiurato che la sicurezza dell’approvvigionamento energetico in Svizzera non era in pericolo. "Non c’è alcuna incertezza: tutti i paesi europei avranno una produzione di elettricità sufficiente nei prossimi vent’anni". In questo modo è stata convinta la popolazione a votare Sì. Oggi ne stiamo subendo le conseguenze: siamo a corto di elettricità e i prezzi sono alle stelle. La storia pare sia nuovamente pronta a ripetersi con l’uscita dai vettori energetici fossili, anche questa volta senza garantire l’approvvigionamento energetico tramite altre fonti. Come possiamo sostituire circa il 60% del nostro fabbisogno energetico senza che la nostra prosperità e la nostra competitività vadano a rotoli? Il Popolo svizzero deve assolutamente poter prendere posizione. L’Udc ha dunque deciso di lanciare un referendum contro questa nuova irrazionale legge. Errare humanum est perseverare diabolicum.

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