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Superfici agricole che si riducono

(Ti-Press)

Tra i molti aspetti che lasciano scettici e con l’amaro in bocca dell’iniziativa sull’allevamento intensivo che andremo a votare il 25 settembre, mi colpisce soprattutto come i suoi sostenitori fingano di non vederne le fortissime contraddizioni tra gli obiettivi che dicono di prefiggersi e quanto fanno invece nella quotidianità. Le superfici agricole in Svizzera continuano a ridursi. Nei 33 anni tra il 1985 e il 2018 si sono persi circa 1’160 km quadrati di terre agricole: in pianura per far posto a zone abitative e in montagna per l’avanzare continuo del bosco. Negli ultimi anni il trend si è persino accelerato.

Accettiamo il gioco linguistico degli iniziativisti: il contrario di allevamenti intensivi sono allevamenti estensivi (per il chilometro zero e via dicendo). Quindi con maggiori superfici. Chiedendo dei numeri massimi di animali per stalla molto ridotti, ne consegue che, già solo per mantenere i livelli di produzione attuali e ben lontani dal garantirci la sovranità e la sicurezza alimentari, dovremmo costruire più stalle e destinare più terreni a tale scopo. Facile a dirsi, praticamente impossibile a farsi, dato che solo pochi mesi fa, mentre le conseguenze della guerra in Ucraina sulla filiera agroalimentare mondiale si palesavano sempre più, molti ecologisti nostrani inorridivano all’idea di sospendere temporaneamente le superfici per la promozione della biodiversità nelle zone agricole per permetterne la coltivazione di derrate alimentari e ridurre così l’impatto dell’invasione russa.

Il comportamento di alcune persone e gruppi politici vicini agli iniziativisti è esemplare di questa confusione nelle proprie priorità. Hanno accettato il sacrificio di terreni agricoli per lo stabilimento Ffs a Castione, in gran parte con "compensazioni ecologiche" che intaccherebbero altre superfici agricole. Sostengono poi con convinzione (o tacciono con altrettanta convinzione) il progetto di edificazione del nuovo ospedale regionale nella zona agricola dei Saleggi, anziché sfruttare gli spazi dell’ex area Ffs vicino alla stazione dove i vantaggi anche ambientali sarebbero molto elevati. Farlo avrebbe significato rinunciare a uno di quei progetti da grande città all’avanguardia proiettata verso il futuro. Quale futuro non si sa, ma l’agricoltura svizzera non sembra farne parte.

Per evitare che ciò accada veramente, così come per evitare la diminuzione della produzione regionale, l’aumento dei prezzi dei generi alimentari, delle importazioni e del turismo degli acquisti Oltrefrontiera e la perdita di posti di lavoro, come dimostrato da studi indipendenti, votiamo No il 25 settembre a questa inutile iniziativa sull’allevamento intensivo.

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