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Pareggio dei conti, un segnale chiaro

(Ti-Press)

Il decreto concernente il pareggio dei conti entro il 2025 in votazione il prossimo 15 maggio è un segnale chiaro all’indirizzo della politica e in particolare al Consiglio di Stato e al Gran Consiglio: i conti devono tornare in pareggio.

Da un certo punto di vista il decreto riprende quanto già previsto all’art. 34ter della Costituzione cantonale, ma specifica come la politica deve raggiungere il pareggio, vale a dire prevalentemente con il contenimento della spesa, senza l’aumento delle imposte e senza il riversamento degli oneri finanziari sui Comuni. Il decreto è il frutto della constatazione che purtroppo le uscite dello Stato crescono in modo preoccupante, per certi versi in modo eccessivo, verosimilmente senza un sufficiente senso critico.


Diamo qualche cifra: la spesa corrente è passata da fr. 2,8 miliardi nel 2010 a circa 3,8 miliardi oggi, e sarà secondo le previsioni di 4,1 miliardi nel 2025. Tra il 2010 e il 2022 solo 4 anni hanno visto chiudere i conti in positivo. Il debito pubblico cantonale era di circa fr. 1 miliardo nell’anno 2000, nel 2020 era di 2 miliardi e secondo le previsioni sarà di 3 miliardi nel 2025: si tratta di una crescita esponenziale. Infine, quasi l’intero importo dei circa fr. 1,3 miliardi delle imposte cantonali delle 180’000 persone fisiche servono a coprire il costo dei 9’000 dipendenti dello Stato (fr. 1,1 miliardi).

Certo, solo queste cifre non danno una visione completa della situazione del Cantone ma ne fanno capire la tendenza pericolosa. In assenza di misure da effettuare subito, si rischia di dover in futuro prendere delle decisioni ben più drastiche e incisive.

La pandemia non giustifica ogni aumento di spesa, difatti l’eccessiva crescita della spesa pubblica è iniziata ben prima.

Sfatiamo un mito: il decreto non chiede tagli, ma chiede un maggior rigore nella spesa pubblica, chiede di chinarsi con maggiore senso critico, procedendo a un lavoro di ottimizzazione dalla spesa pubblica. Se pensiamo che il consuntivo 2021 a fronte di una spesa pubblica totale di fr. 4,2 miliardi ha chiuso con un deficit di fr. 58,2 milioni (ovvero l’1,3% della spesa), ben si comprende che non si tratta di effettuare tagli draconiani ai servizi. Giova ricordare che il decreto prevede inoltre a chiare lettere che eventuali misure prese riguardo ai contributi non possano colpire i sussidi erogati alle persone meno abbienti.

Ci sono margini di manovra sia per quanto riguarda i servizi erogati dallo Stato (tutti i servizi/compiti sono indispensabili?) sia per quanto riguarda il suo apparato amministrativo (vi è modo di razionalizzare/ottimizzare l’apparato amministrativo?).

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