I dibattiti

Guerra e religioni

Pochi hanno notato che le dichiarazioni di Putin hanno forti somiglianze con i proclami di leader che inneggiano alla ‘guerra santa’

Putin e il patriarca Kirill
(Keystone)

Pochi hanno notato che le dichiarazioni con cui Putin ha cercato di legittimare la sua guerra coprendola con un manto di religiosità hanno forti somiglianze con i proclami di leader che inneggiano alla "guerra santa", come Khomeini o Bin Laden (lo ha fatto Mauro Magatti, su "Avvenire" di martedì 5 aprile). Somiglianze che, al di là di evidenti differenze di intensità (da alibi di copertura a delirio religioso), si palesano nell’identificazione di un "nemico" comune: un certo modello culturale e sociale che viene fatto coincidere nelle loro narrazioni con le decadenti democrazie occidentali e più precisamente con le società secolarizzate europee e nordamericane che rappresenterebbero una minaccia mortale per le tradizioni religiose di altri popoli.

Che il patriarca russo Kirill si sia prestato ad avvalorare la strumentalizzazione dell’ortodossia da parte di Putin – perché di strumentalizzazione si tratta – non è meno triste del fatto che in Occidente consistenti frange di evangelici e cattolici (curiosamente le stesse che hanno alimentato per due anni il cospirazionismo no vax) si siano arruolate (e non da oggi) nelle truppe del putinismo, vendicatore dei "grandi valori" contro le società liberali sradicate dal loro humus cristiano.

L’operazione dei dittatori che brandiscono le religioni (vale anche per quella musulmana) al fine di giustificare le loro guerre è sbaragliata senza tregua dalla drammatica denuncia di papa Francesco che, come i suoi predecessori, non lascia spazio a nessun tentativo di legittimare l’"inutile strage" che ogni guerra rappresenta (fatta salva, ovviamente, la legittima difesa di chi sia aggredito). Simile ferma denuncia proviene – è giusto ricordarlo – anche da ampi coraggiosi settori della Chiesa ortodossa russa.

Acquisita la condanna della "ripugnante, vergognosa, scandalosa" guerra in corso (sempre Francesco), condanna da estendere parimenti alle altre guerre dimenticate che insanguinano il mondo e degradano l’uomo, come quella nello Yemen, proviamo a entrare nel substrato ideologico dei cristiani che vedono in Putin un paladino della lotta contro l’Occidente secolarizzato e immemore dei "valori che l’hanno fatto grande".

La questione non è semplice perché da un parte c’è la grande acquisizione occidentale della laicità della politica e dello Stato che non può che giovare alle stesse religioni, ma che è lungi dall’essere assimilata dalla cultura di altri popoli, soprattutto se ancorati in religioni diverse da quella cristiana. D’altro canto c’è il dato di fatto di una secolarizzazione delle nostre società, che spesso induce una corta mentalità laicista a considerare le religioni come sopravvivenze anacronistiche, senza rendersi conto che, ad esempio, al di fuori di un Occidente quasi compiaciutamente nichilista le appartenenze religiose restano tanto diffuse quanto essenziali (si pensi all’universo musulmano).

Ebbene, sull’altro fronte molto tradizionalismo cristiano rappresenta un velleitario rifiuto della secolarizzazione che si esprime in una reazione simmetrica al laicismo in quanto incapace di vivere con libertà la propria fede nel contesto di un pluralismo religioso e di una sana laicità (che, appunto, è neutralità dello Stato, non avversione alle espressioni religiose).

Quello che a me pare però decisivo è che non vada persa la testimonianza di cristiani che avendo consapevolezza dell’importanza di una piena libertà religiosa vivono positivamente la laicità dello Stato senza coltivare alcun disegno di restaurazione politica della perduta "società cristiana". Cristiani per i quali le nostre società secolarizzate sono semplicemente (anche se drammaticamente) il dato di realtà cui nessuno può sfuggire e che pone alla loro fede una nuova sfida di verifica e di annuncio della novità cristiana.

Un esempio? Lo si può prendere dall’intervista rilasciata mercoledì scorso a "La Verità" dall’arcivescovo cattolico di Mosca, monsignor Paolo Pezzi. Interrogato da Maurizio Caverzan circa le dichiarazioni del patriarca ortodosso Kirill, che sembra vedere nel conflitto ucraino "un giusto attacco all’Occidente e alle sue libertà considerate eccessive e dannose", risponde: "Penso che i responsabili delle diverse comunità cristiane non dovrebbero mettersi su un piano di difesa da un attacco di questa o quella parte del mondo. Personalmente non considero la secolarizzazione come un male da superare, ma come una circostanza, magari difficile, una prova, in cui mostrare la testimonianza cristiana, l’annuncio cristiano".

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