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Giustizia sia fatta

Nel 1952 apparve in Francia il film di André Cayatte "Nous sommes tous des assassins": un capolavoro cinematografico e una requisitoria contro la pena di morte, che in Francia fu abolita solo nel 1981. Credo che il film convinse molti ad essere contro la pena di morte, ma non contro le impiccagioni dei criminali nazisti avvenute a Norimberga nel 1946.

Quando nel 1962 gli israeliani catturarono Eichmann in Argentina, lo portarono in Israele, lo processarono e lo impiccarono, penso che l’opinione prevalente ritenne quella una giusta appendice del processo di Norimberga.

Allo scoppio della Seconda guerra mondiale avevo tre anni e mezzo, ma me ne resi conto.

Già da qualche mese vedevo genitori e nonni ascoltare con grande attenzione le notizie della radio. Soprattutto quelle del Notiziario dell’Agenzia telegrafica svizzera che Giuseppe Casanova leggeva da Berna: non capivo perché s’arrabbiassero tanto contro quel signore dalla voce gentile. Seppi più tardi che leggeva con imparzialità i comunicati di Hitler.

La Seconda guerra mondiale, la vissi con inquietudine e dolore. Furono sei anni brutti anche per un bambino di un paese risparmiato dal conflitto armato. A 8-9 anni sapevo dei treni merci con i vagoni blindati che trasportavano gli ebrei in Germania, e la Svizzera li lasciava passare. La gente lungo la ferrovia sentiva i richiami dei prigionieri, riusciva anche a comunicare con loro. Sapevo dei forni crematori, con un po’ di confusione mentale pensavo anche che fossero gli stessi vagoni merci, che guardai con orrore ancora a guerra finita.

Nel 1956 avevo vent’anni e studiavo a Zurigo, dove seguii la rivolta d’Ungheria: fiaccolate, discorsi, dibattiti sui provvedimenti auspicabili contro l’Unione Sovietica. Ricordo, al Politecnico, una lezione di Guido Calgari che paragonò l’assassinio del primo ministro Imre Nagy al "Modo tenuto dal Duca Valentino nello ammazzare Vittellozzo Vitelli, Oliverotto da Fermo, …" descritto da Niccolò Machiavelli.

Ma il momento in cui l’economia pianificata mostrò in modo clamoroso e forse definitivo, l’incapacità di assicurare un regime di libertà penso arrivò nel 1961 con la costruzione del Muro di Berlino, quindi della Cortina di ferro: una fortificazione non per impedire che entrasse un nemico, ma per far sì che non scappassero i propri cittadini.

Poi nel 1990 la caduta del Muro di Berlino e l’euforia per una Russia che passò a un’economia di mercato. Fu l’inizio di trent’anni di speranze e delusioni, forse perché l’economia di mercato non fu più all’altezza di un mondo interconnesso.

Adesso siamo di nuovo all’inquietudine e al dolore per la guerra tornata in Europa, alla speranza che finisca presto, che giustizia sia fatta e Putin impiccato.

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