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Cosa fa il Cantone per AlpTransit?

A fronte delle resistenze verso le opere stradali come PoLuMe, la politica dovrebbe tornare a ragionare in grande

Il rischio è quello di vanificare gli sforzi
(Ti-Press)

Ha suscitato non poche reazioni negative, a cominciare da quella del Comitato che si batte contro la terza corsia autostradale tra Lugano e Mendrisio (PoLuMe), la decisione federale di anticipare al 2030 la realizzazione del progetto. Critiche dai medesimi ambienti aveva pure raccolto la posizione del Consiglio di Stato favorevole all’opera, pur con qualche correttivo.

Una costatazione si impone. Mentre si accelerano i tempi delle realizzazioni stradali tutto tace sul fronte ferroviario. Un fatto è certo, come altri hanno già fatto osservare: l’Ufficio strade (Ustra) e quello dei trasporti (Uft) non si parlano. Ma non basta fermarsi a questa osservazione, anche se pare di capire che
l’Ustra non sia nemmeno sfiorato dall’idea di un potenziamento della linea ferroviaria a sud di Lugano.
Eppure i progetti per un completamento di AlpTransit fino alla frontiera e oltre ci sono. Certo, anche oltre, siccome vi sono segnali i quali indicano che l’Italia si starebbe a sua volta muovendo per rafforzare la linea tra Chiasso-Como e Milano.

Cosa fa la Svizzera? Non solo non si muove, ma sembra voler ritardare i termini per la costruzione di nuove tratte di binari destinando addirittura parte delle risorse del Faif (Fondo per l’ampliamento dell’infrastruttura ferroviaria) per coprire i disavanzi accumulati dalle Ffs a causa della pandemia, come denunciato recentemente dalla neocostituita SwissRailvolution presieduta dall’ex-senatore Filippo Lombardi.

Cosa fa il Consiglio di Stato di fronte a questa situazione di stallo? Poco o nulla, sembra di capire, quando il completamento di AlpTransit fino al confine permetterebbe di riconvertire la linea storica facendone una metro a cielo aperto. Eppure vi sono due voti del Gran Consiglio (20.11.18 e 24.11.20) che sollecitano un’azione decisa del Governo cantonale. Non si tratta di spostare tutto il traffico, ma quote significative dello stesso in linea, tra l’altro, con gli obiettivi di politica ambientale.

Il rischio è quello, da un lato, di vanificare in parte gli effetti dei voluminosi investimenti fatti dal Cantone per il trasporto pubblico e, dall’altro, di portare a un isolamento della Svizzera a livello europeo. Una battaglia contro i mulini a vento? Se, all’inizio degli anni 80, l’allora consigliere nazionale Sergio Salvioni, autore della mozione che riaprì il dossier di AlpTransit, avesse ragionato in questo modo, oggi non avremmo né la GdB del Gottardo né quella del Ceneri. Come dire che la politica dovrebbe tornare a ragionare in grande e non vivere alla giornata in chiave elettoralistica come sembra invece fare oggi.

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