I dibattiti

Gli insegnamenti della pandemia

Sabato 19 febbraio, pochi giorni dopo la decisione del Consiglio federale di togliere la maggior parte delle restrizioni introdotte in relazione con la diffusione del Covid-19, si è tenuta a Zurigo una manifestazione autorizzata, alla quale hanno partecipato tra 1’000 e 3’000 persone. Lo slogan di questo appuntamento, lanciato dagli organizzatori a fine gennaio, era: "Contro le misure (di restrizione)". Tutti i commentatori sottolineavano che l’evento era diventato obsoleto, visto che – appunto – le restrizioni erano appena state tolte. Più generalmente, in questi giorni, la tendenza è quella di felicitarsi della buona gestione della crisi.

A me malgrado tutto, di questi due anni, è restato un retrogusto amaro, e credo di condividere alcune delle ragioni che hanno convinto gli organizzatori della marcia pacifica di sabato a mantenere il loro appuntamento. Eccone alcune. In futuro, mai più si dovrà sacrificare la dignità di un funerale. Mai più una parte della popolazione dovrà essere marginalizzata e stigmatizzata. Mai più dovremo prendere in ostaggio il sistema sanitario, dopo averlo privato dei mezzi necessari al suo buon funzionamento. Mai più ristoratori dovranno essere "doganieri". Mai più dovremo arrivare così impreparati ad affrontare una crisi come quella legata al Covid-19.

L’esempio statunitense dopo l’11 settembre, o quello francese dopo gli attentati terroristici degli ultimi anni, mostrano come leggi liberticide, motivate da questioni di sicurezza contingenti, restano nell’arsenale giuridico, a disposizione dei governanti. Bisogna quindi vegliare affinché le leggi varate in occasione del Covid-19 non vengano mantenute, adesso che si è riconosciuto il carattere endemico della diffusione del virus.

Per approfondire queste questioni, come proposto da alcuni politici, credo che non sarebbe superfluo istituire una commissione d’inchiesta indipendente, così che si possa apprendere collettivamente da questa situazione, ed evitare in futuro gli errori fatti. Ho letto che alcuni Cantoni e l’Ufficio federale della sanità pubblica hanno già in programma di far fare un’analisi della gestione della crisi da enti esterni. Tuttavia i committenti di queste analisi sono troppo coinvolti nella vicenda.

Proprio perché la Svizzera ha abolito le misure, mentre gli Stati confinanti non l’hanno ancora fatto, si vede quanto la pandemia abbia una forte componente sociale e politica: il tutto riposa sul modo che hanno gli Stati per affrontare i loro problemi. È per esempio chiaro che le soluzioni avanzate per far fronte al Covid-19, basate sulle tecnologie dell’informazione (contact tracing, QR-code ecc.), sono il frutto di una ormai ventennale connivenza tra governi e aziende che sfruttano i nostri dati personali.

In conclusione, vorrei sottolineare che, contrariamente a quanto affermato da un analista, i manifestanti di sabato non cercano di creare uno Stato parallelo, la maggior parte di loro vuole migliorare il nostro. Oppongono una sana e ragionata resistenza. Come si legge in una citazione di Foucault, che introduce il catalogo della mostra "Résister encore", appena aperta presso il Musée cantonal des Beaux Arts di Losanna, "resistenza" è la parola chiave della dinamica che permette ai rapporti di potere di non ridursi a mera obbedienza.

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