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Immigrazione: l’impasse europea

La questione migratoria attraversa le società europee e partecipa ai recenti stravolgimenti politici. Se la “crisi dei rifugiati” del 2015 ha avuto un ruolo nel voto a favore della Brexit, la questione migratoria è stata al centro delle trasformazioni politiche in ltalia e in Austria, dove ormai i ministri incaricati dell’immigrazione appartengono all’estrema destra. Ma al di là del quadro nazionale, tale questione ha anche diviso profondamente gli Stati europei e infragilito la costruzione europea.

Nell’ultimo decennio, l’Unione europea ha attraversato parecchie crisi. Ma mentre gli Stati europei si sono uniti per fronteggiare la crisi economica, la crisi della zona Euro, la minaccia terroristica e la Brexit, si sono invece divisi sul tema dell’asilo e dell’immigrazione. Ciò mostra tutta la specificità e la sensibilità di questa questione. In un contesto di pressione migratoria, le differenze che esistevano fra gli Stati europei si sono rafforzate per provocare divisioni profonde. La geografia ha fornito una prima illustrazione di questa evoluzione. L’opposizione fra gli Stati mediterranei – detti “di prima linea” – e gli altri Stati si è amplificata a partire dall’estate del 2015. In mancanza di regole adatte a prevenire e gestire gli arrivi e assicurare una distribuzione equa dei richiedenti asilo, soprattutto in situazioni eccezionali, Grecia, Italia, Malta e anche la Spagna hanno dovuto gestire situazioni complicate, allargando ancor più il fossato fra il centro e la periferia.

La questione migratoria merita un vero dibattito La seconda illustrazione è emblematica della differenza storica fra gli Stati che hanno una lunga tradizione migratoria e quelli che, soprattutto dell’Europa centrale e orientale, non hanno la stessa tradizione e vedono nella migrazione un attentato alla loro identità. Questa frattura storica pesa sullo spazio politico europeo e internazionale, come testimonia il rifiuto di Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca di adottare il patto dell’Onu sulle migrazioni. A ciò si aggiunge l’impasse politica. Gli stati europei sono divisi fra le soluzioni da mettere in atto per migliorare la gestione dei migranti. Tali soluzioni impongono un’articolazione fra il principio di responsabilità – nel controllo delle frontiere, la registrazione dei richiedenti asilo o il ritorno delle persone in situazione irregolare – e quello della solidarietà verso gli Stati di “prima linea”.

Ora, le posizioni divergono fra gli Stati che limitano la solidarietà rispetto alla responsabilità, e quelli che reclamano maggiore solidarietà prima di esercitare più responsabilità. L’immigrazione divide più che unire. Tale ruolo si è amplificato in occasione della campagna europea che ha avuto luogo nel 2020 con il confronto annunciato fra le democrazie liberali, a disagio con la questione migratoria, e le democrazie dette non liberali e fortemente anti-immigrazione. Tali divisioni possono essere superate a condizione di andare oltre gli attuali quadri di analisi a corto termine, i preconcetti e gli slogan.

La questione migratoria merita un vero dibattito, fondato su una solida analisi ed esperienza per comprendere le sfide che verranno e definire politiche migratorie chiare, che assicurino la protezione delle persone, dei cittadini e dei migranti, nonché la salvaguardia degli impegni e dei valori che fondano le democrazie europee.

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