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Svizzera modello di sostenibilità?

Tra coloro che attaccano le politiche ecologiste, vengono sempre ancora diffuse “verità alternative” allo scopo di confondere e orientare l’opinione pubblica laddove fa più comodo. L’intenzione è chiaramente quella di non perdere il monopolio del potere. Ciò impedisce però di diffondere (democraticizzare) il potere stesso in modo che tutti possano permettersi la transizione ecologica.

Vediamo allora due dei capisaldi di questa manipolazione.

La Svizzera inquina poco. In termini assoluti (senza peraltro considerare le emissioni della piazza finanziaria elvetica, Rischi climatici della piazza finanziaria Svizzera – admin.ch) il nostro Paese emette mondialmente una quantità ridotta (0,1%) di gas serra. Questo indicatore è però fuorviante, poiché non è ponderato sui consumi della popolazione. Per comprendere meglio bisogna osservare le emissioni annuali pro capite necessarie ad alimentare lo standard di vita in Svizzera. L’impronta carbonica di ogni svizzero a sostegno dei suoi consumi è di ben 14 tonnellate (Per capita consumption-based CO₂ emissions – ourworldindata.org –, Emissioni di CO2 della Svizzera: un piccolo Paese dalla grande impronta - Swiswissinfo.ch) di cui 8-9 tonnellate sono conseguite all’estero. Se andiamo poi a vedere l’evoluzione dell’impronta interna ed esterna (la-politica-climatica-della-svizzera-1803 (4).pdf, pag. 13), osserviamo che noi stiamo alleggerendo quella interna “spazzando” fuori dal territorio nazionale le emissioni dei processi industriali più inquinanti. A titolo di paragone, l’impronta carbonica per i consumi di un singolo cinese è di 6 tonnellate/anno, come la media mondiale. Qui risulta evidente l’ipocrisia di chi per allontanare l’attenzione dalla Svizzera attribuisce alla Cina la responsabilità quale maggiore emettitrice di gas serra (una parte cospicua dei quali è per il made in China che noi occidentali importiamo). Se ci basassimo sulle emissioni pro capite e sulle emissioni cumulate nella storia dello sviluppo industriale, la Cina avrebbe diritto ad emettere almeno il doppio o il triplo di quello che fa oggi.

Mancano i soldi: verrebbe da dire che se in Svizzera mancano i soldi per la transizione ecologica, siamo allora fritti, visto che il nostro è tra i Paesi con la ricchezza pro capite più elevata al mondo. Il problema non è evidentemente la mancanza di soldi, bensì la loro distribuzione e come li si investono. Se i soldi sono monopolio di poche mani è chiaro che poi mancheranno alla “moltitudine di mani” (della quale per inciso i monopolisti del potere si fanno demagogicamente paladini). Così come se i soldi non vengono investiti per costruire la sostenibilità ma solo per far funzionare il vecchio modello di economia (vedi ad es. Cosa c’è di verde nei fondi verdi? | laRegione), non si risolverà il problema. Per inciso è utile ricordare che accentrare le risorse in pochi Paesi e in poche mani a scapito della moltitudine rafforza uno dei motori che assieme al cambiamento climatico muove i grossi flussi migratori contro i quali poi ci si accanisce.

Continuare sulla strada della manipolazione delle informazioni non serve dunque a nessuno, ma è unicamente garanzia che gli eventi estremi non siano solo meteorologici e geologici, bensì anche sociali ed economici. La Svizzera deve solo decidere se vuole continuare a giocare a nascondino oppure proporsi come un laboratorio di ricerca (e ha tutte le risorse per farlo) per soluzioni che possano infondere fiducia nel futuro.

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