I dibattiti

Degli opposti schieramenti

Ti-Press

Siamo alle solite. Mentre il mondo va a rotoli c’è sempre chi vede il dito al posto della luna. Non vorrei essere oltraggioso, ma la vicenda dei “molinari” e alcuni temi in votazione questo fine settimana mi fanno pensare a chi cerca di curare un dito mignolo senza accorgersi di un corpo che sta andando in cancrena. Capita da secoli – ricordate i guelfi e i ghibellini? – che la società cosiddetta civile si divida in due frazioni contrapposte. Anche se oggi, non più come una volta, ferocemente armate. Almeno dalle nostre parti – si spera – di dogmi o di fanatici fideismi. Il che potrebbe essere già un bel traguardo. Un deciso progresso rispetto a un passato dei Giordano Bruno e dei Savonarola. Anche se purtroppo sopravvivono ancora in varie parti del nostro pianeta abbondanti sacche di filistei. Ma veniamo a noi. E agli alternativi “molinari”. Ma chi sono, e cosa vogliono questi signori, soprattutto da chi non vive e non la pensa come loro? Certo, in una società democratica e pluralistica come dovrebbe essere la nostra tutte le diversità, anche delle più piccole minoranze, andrebbero difese e rispettate dalle maggioranze. Anche perché le differenze sono per principio una ricchezza culturale per tutti. Ma a quali condizioni? Innanzitutto attraverso un reciproco rispetto. Partendo da una comune base di tolleranza. Ma con un dialogo senza impiastramenti di muri pubblici o privati (i graffiti, quelli veri, sono un’altra cosa). Una questione quindi essenzialmente culturale, e pure estetica. Ecco il punto. Cerchiamo di capirci. Perché in un mio precedente intervento su questo giornale avevo scritto di «tutti perdenti»? Perché tutti, se non decidiamo al più presto di svegliarci, verremo tra non molto definitivamente addormentati da quel sistema nato con il marketing intorno agli anni Cinquanta del secolo scorso negli Stati Uniti d’America. Quel sistema che si è fatto sempre più perniciosamente invasivo e condizionante. Negli ultimi decenni con la diffusione viepiù accelerata a livello mondiale della digitalizzazione massmediatica. Vogliamo o non vogliamo capirla? O preferiamo rimanere dei capricciosi infanti, succubi dei lecca-lecca? Cominciando dagli stessi «alternativi» “molinari” che, proprio con i loro comportamenti, fanno per primi il gioco di quel “sistema” che vorrebbero eliminare. «Dividi e impera», dicevano già i romani. Così come agisce oggi il “sistema” per conservarsi e rigenerarsi: frazionando la società in classi, gruppi, categorie… Lo fa d’altronde anche la Ssr, con i suoi programmi, dividendo il pubblico per “target” di «consumatori». Se poi l’esempio viene da un ente monopolistico parastatale che dovrebbe innanzitutto svolgere la funzione (e non la finzione!) di “servizio pubblico”… Giancarlo De Cataldo, magistrato e scrittore nato a Catania nel 1956, poche sere fa ospite di Lilli Gruber su LA7, alla fine di “Otto e mezzo”, per cercare di far capire – sintetizzando – da dove provenga gran parte dei mali della nostra società ha compiuto un semplice gesto. Ha estratto dalla tasca interna della giacca mostrandolo ai telespettatori un “cellulare”. Questo sì che è stato un atto veramente simbolico e liberatorio; addirittura rivoluzionario per i tempi nostri. Tempi non più come quelli di “Addio Lugano bella”… ma di una “LugaNO bella”. Non più come una volta… bella, mio caro Boas Erez!

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