I dibattiti

Dalla Polizia di Stato allo Stato di Polizia

Chi arriverà fino a pagina 115 del prospetto sulle votazioni, imboscata dietro quattro oggetti che toccano il borsello e suscitano dibattito, troverà la legge sul terrorismo. La parola evoca immagini ed emozioni che chiedono di esser placate e inducono ad accogliere qualsiasi promessa di sicurezza. La pandemia ci ha crudelmente ricordato che il rischio 0 non esiste e ci ha pure confrontato con provvisorie, ma pesanti restrizioni delle nostre libertà. Prima di cederne altre e in modo permanente, è meglio valutare bene necessità e proporzionalità dei maggiori poteri che il Governo vuole. Un utile indicatore è il confronto fra i dati statistici che misurano in mortalità la gravità dei fenomeni oggetto delle cinque proposte in votazione.
Per l’OMS sono 13 milioni i decessi annui per cause ambientali legati a sostanze tossiche e all’igiene dell’acqua e 7 milioni quelli determinati dall’inquinamento atmosferico, non estranea ai mutamenti ambientali la pandemia già supera i 3 milioni di morti. Inferiori di tre ordini di grandezza sono 15’000 i morti provocati dal terrorismo, pari all’1% dei decessi per incidenti stradali mentre il femminicidio, con le sue 90’000 vittime, è sei volte più letale e spaventoso. L’85% degli attentati è in Africa, mentre in tutta l’Europa gli ultimi 6 anni contano 388 vittime. I dati sul pericolo oggettivo confermano l’efficacia della strategia terroristica, che con colpi a sorpresa genera insicurezza, ansia e sfiducia sproporzionate rispetto ai danni. Il confronto fra questi ordini di grandezza ci aiuta anche a capire quanto l’emozione falsi le nostre percezioni. Nessuno nega l’utilità di una legge sul terrorismo, ma i numeri non giustificano i maggiori poteri attribuiti alla Polizia di Stato che scivolano verso lo Stato di Polizia. Poteri eccessivi che fanno di questa legge una medicina velenosa, benché il bugiardino, che l’accompagna, ne decanti la necessità a protezione di valori e istituzioni escludendo danni collaterali per la salute dei nostri diritti e dello Stato di diritto. Non è il terrorismo a modificare i nostri valori e le nostre istituzioni, ma la nostra paura, che in cambio di promesse fallaci, ci fa acconsentire a modificare l’ordinamento dello Stato invece di difenderlo. Esserne consapevoli aiuta a evitare che i nostri diritti siano rinchiusi in cantina, per esser stappati a piacimento da chi ha le chiavi. Non si tratta di dubitare delle intenzioni di chi chiede maggior potere per prendersi cura delle libertà degli altri, ma di contestare una legge che non offre garanzie per difenderle. Guardiamo la legge non il bugiardino, chi pensava a Isis, Br, Raf, Ira, Eta, a movimenti neonazisti, sarà deluso dall’art. 23e. Terrorista è, non solo chi minaccia o commette crimini violenti, ma già chi manifesta timori tendenti a influenzare l’ordinamento dello Stato. Se pubblicare una critica preoccupata a una legge del nostro ordinamento, o a una decisione di un’Autorità scatenerà o meno la Polizia, non dipenderà dalla legge, ma solo dal timore dell’Autorità per la critica. L’assenza di criteri oggettivi viola il principio di legalità e rende questa legge una cambiale in bianco per Governo e Polizia, autorizzati dall’art 23h a controllare opinioni o attività filosofiche e religiose di chiunque sospettino. Nello Stato di diritto la separazione dei poteri impone alla Magistratura l’onere di decidere le limitazioni delle libertà in base a leggi precise e fatti precisi. La nuova legge che vi autorizza invece la Polizia, e sulla sola base di sospetti potenziali, apre alla triste cultura della delazione. Voto No a questa legge perché i miei nipoti possano ancora esser educati alla libertà e vivere la democrazia.

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