I dibattiti

La cultura riapra le porte

(Ti-Press)

Dopo la prima ondata, in cui vennero chiuse le scuole, i teatri e i cinema, limitati gli assembramenti e vietate le prove corali, il numero dei contagi diminuì in maniera importante. Le misure vennero allora allentate velocemente, e i contagi tornarono a salire. Nella seconda ondata, per non danneggiare l’economia, le autorità rinunciarono inizialmente a misure incisive e reagirono con grande ritardo.  Era il 1918, l’influenza spagnola minacciava il mondo intero e causò, in Svizzera, 25'000 morti su 4 milioni di abitanti.

E nuovamente, nonostante l’esperienza di allora e quella della seconda ondata del COVID-19, che ci ha colti assolutamente impreparati, si moltiplicano le voci di chi vuole allentare velocemente le misure di protezione. Umanamente la voglia di ritorno alla normalità é comprensibile: la stanchezza per le misure che si protraggono da ormai un anno è evidente e i contagi sono in flessione.

Riaprire tutto e subito sarebbe però un errore grave. Per quanto stanchi siamo, bisognerà aspettare un’ulteriore riduzione dei contagi, osservare l’evoluzione delle nuove varianti del virus, attendere che il tracciamento dei contagi funzioni alla perfezione e che le fasce particolarmente vulnerabili o esposte (anziani, persone con malattie preesistenti, persone disabili, personale sanitario e docenti) siano vaccinate.

Fatta questa premessa, è comunque giusto riflettere sulla ripartenza. Dovrà essere necessariamente una ripartenza verde: i legami tra deforestazione e salto di specie del virus sono praticamente certi, quelli tra incidenza del virus e inquinamento molto probabili. Il cambiamento climatico pure avrà un impatto sul numero e la virulenza delle future pandemie, basti pensare al divulgarsi di insetti trasmettitori di virus, come la zanzare tigre. Insomma: per limitare pandemie future, è necessario portare molto più rispetto all’ambiente e lottare contro il cambiamento climatico.

Occorre però anche riflettere sul dove ripartire. Sono convinta che dobbiamo farlo dalla cultura. Non solo perché è un ambito che fino ad oggi ha pagato un prezzo altissimo a causa delle misure: nonostante i piani di protezione convincenti e più facili da applicare rispetto ad altri settori, gli spazi di incontro culturali sono praticamente chiusi da un anno. La complessità del mondo culturale, così ampio e diversificato, rende inoltre per molti difficile, se non impossibile, il ricorso agli aiuti stanziati dalla Confederazione. La cultura rimane però un settore economico importante perché tanti sono i posti di lavoro direttamente e indirettamente legati ad essa.

Al di là delle questioni economiche, pure importanti, c’è un aspetto ancora più decisivo a sottolineare la necessità di ripartire dalla cultura: il benessere psicologico che è in grado di generare. Molte persone soffrono oggi per l’isolamento sociale, e sono in aumento le richieste di sostegno, le dipendenze, il segnali di disagio giovanile e la violenza domestica. Proprio per mitigare queste derive è importante che la cultura possa tornare a pulsare, con le necessarie misure di protezione e regole chiare e concordate fra istituzioni e operatori culturali. L’incertezza è veleno tanto quanto le regole che cambiano di continuo e non tengono conto delle specificità dei vari settori oltre che delle differenze tra operatori, ad esempio tra piccole e grandi sale teatrali.

Quando i numeri dei contagi lo permetteranno, ripartiamo dunque da musei, teatri, sale concerti e cinema: sono balsamo per l’anima e ne abbiamo tutti urgente bisogno.

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