Estero

Qatargate, Panzeri confessa: ‘120mila euro a Tarabella’

In cambio per lui una pena limitata a un anno di reclusione contro i cinque previsti, una multa e la confisca di beni per un milione

L’ex eurodeputato Pier Antonio Panzeri, l’anima della trama di corruzione che dall’inizio di dicembre sta facendo tremare il Parlamento europeo, dopo un mese di carcere ha deciso di scendere a patti con la giustizia belga siglando un memorandum di collaborazione che lo rende a tutti gli effetti un pentito. In cambio per lui una pena limitata a un anno di reclusione contro i cinque previsti, una multa e la confisca di beni per circa un milione di euro.

Nuovo slancio alle indagini

Un’evoluzione "importante" e storica per la procura belga, che con l’aiuto dell’ex eurodeputato di Articolo Uno può ora dare nuovo slancio alle indagini. Ma che tiene con il fiato in sospeso quel manipolo di politici e funzionari Ue finiti via via sui verbali delle confessioni degli arrestati. A partire dal belga Marc Tarabella, che - ha rivelato lo stesso Panzeri - nel giro di soldi sporchi avrebbe ricevuto a rate una somma compresa tra 120mila e 140mila euro. Tutti elementi che costringono ora l’Ue, nelle parole della commissaria agli Affari interni Ylva Johansson, a "raccogliere i cocci e agire" con il pugno duro perché uno scandalo di queste proporzioni non si ripeta mai più.

Cosa ha ammesso

Al Palais de Justice di Bruxelles la giornata di Panzeri è iniziata molto presto. Ad attenderlo nell’aula 01.18 c’erano i giudici della Camera di consiglio. E ad accompagnarlo il suo avvocato, Laurent Kennes. Che fermato dalla stampa pochi minuti prima dell’udienza non ha perso occasione per lanciare la sua invettiva contro i media - italiani e belgi - rei, a suo dire, di aver inquinato le indagini rompendo il segreto istruttorio con notizie e indiscrezioni che non dovevano e non potevano essere rivelate. Poi l’udienza, alcune dichiarazioni confuse della procura federale, e infine l’annuncio: l’ex eurodeputato, già segretario generale della Camera del Lavoro di Milano, ha ammesso di aver preso parte a un’organizzazione criminale e ha deciso di diventare un collaboratore di giustizia. Impegnandosi a "rendere dichiarazioni sostanziali, rivelatrici, veritiere e complete" alla giustizia "in merito al coinvolgimento proprio e di terzi in relazione a reati" legati al Qatargate.

Un impegno che, ha spiegato il suo legale alle testate belghe L’Echo e Rtbf, non poteva più essere rimandato perché per Panzeri "il dolore sociale subito è importante" e "voleva solo che finisse" e "potesse così uscire dal tunnel" che coinvolge anche la moglie e la figlia - in attesa di conoscere il verdetto finale dei giudici italiani sulla loro possibile estradizione in Belgio - "e pensare al futuro". Un futuro che molto presto lo vedrà parlare nuovamente con gli inquirenti, offrendo altri dettagli ed elementi che potrebbero aprire nuove piste sulla scia di quanto già reso lo scorso 10 dicembre, all’indomani della cattura, quando il politico italiano confessò agli inquirenti di essere parte attiva nell’azione di pressione e corruzione su altri eurodeputati "che fossero disponibili ad appoggiare posizioni favorevoli al Qatar". Come Marc Tarabella e Andrea Cozzolino. Senza tuttavia metterli sullo stesso piano: il belga avrebbe infatti ricevuto un versamento tra i 120mila e i 140mila euro, mentre il dem Cozzolino sarebbe stato corrotto "indirettamente". Il tutto con l’aiuto del braccio destro dell’ex europarlamentare lombardo, Francesco Giorgi, finito in carcere insieme alla compagna, l’ex vicepresidente dell’Europarlamento Eva Kaili.

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