Estero

Steve Bannon condannato a 4 mesi per oltraggio al Congresso

L’ex stratega di Donald Trump si era rifiutato di testimoniare nell’indagine sull’assalto a Capitol Hill. Resterà libero fino al processo di Appello

(Keystone)
21 ottobre 2022
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Quattro mesi e 6’500 dollari di multa: è la pena inflitta da una Corte federale di Washington al 68enne Steve Bannon, l’ex capo della campagna elettorale di Donald Trump e poi suo stratega alla Casa Bianca, per oltraggio al Congresso: un reato legato al fatto che si è rifiutato di testimoniare e fornire documenti nell’indagine parlamentare sull’assalto al Capitol del 6 gennaio 2021. L’accusa aveva chiesto due mesi in più (oltre ad una multa più salata da 200mila dollari), ossia la metà del massimo previsto. Bannon comunque resterà in libertà perché la pena è stata sospesa in attesa del preannunciato Appello, che tuttavia dovrà essere presentato nei tempi previsti, altrimenti lo attende il carcere entro il 15 novembre. Si tratta del primo risultato concreto dell’inchiesta della Camera, che entro fine anno presenterà le sue conclusioni.

Bannon è anche il luogotenente di più alto profilo nella cerchia del tycoon ad essere condannato in relazione all’attacco al Campidoglio, anche se indirettamente per la mancata cooperazione con le indagini. A novembre sarà invece il turno dell’ex consigliere Peter Navarro, accusato dello stesso reato. Anche Trump ha ricevuto un mandato di comparizione e se non lo rispetterà rischia il carcere come il suo ex stratega, a meno che non lo dribbli invocando il quinto emendamento contro l’autoincriminazione. L’ideologo dell’estrema destra populista americana aveva invocato l’immunità del privilegio esecutivo. Ma Trump non lo ha fatto e quindi Bannon, che "era un cittadino privato il 6 gennaio", non può avvalersene, secondo il giudice Carl Nichols (nominato dall’ex presidente).

Il magistrato ha sottolineato che l’imputato non ha mostrato alcun segno di pentimento e che la pena ha anche una funzione deterrente per scoraggiare altri a non cooperare con il parlamento, che è espressione della volontà popolare. "Rispettare il Congresso è una componente importante del nostro sistema costituzionale", ha ammonito. Lui ha risposto che non ha alcuna ragione di scusarsi perché non ha fatto nulla di male, anche se non ha voluto raccontare alla commissione della Camera delle sue telefonate e dei suoi movimenti sospetti alla vigilia dell’assalto, dopo che aveva previsto si sarebbe scatenato "l’inferno".

E dopo la sentenza ha lanciato nuove minacce in vista delle elezioni di Midterm, quando i repubblicani potrebbero riconquistare almeno la Camera: "L’8 novembre sarà il giorno del giudizio per il regime illegittimo di Joe Biden", ha tuonato, prefigurando la sconfitta dei dem, la fine del potere della speaker Nancy Pelosi e l’impeachment del ministro della Giustizia Merrick Garland. Quindi, mentre alcuni manifestanti gridavano ‘Bannon traditore’ e ‘lock him up’ (arrestatelo), ha assicurato di "rispettare il giudice e la sua sentenza", ma ha anticipato che farà "un appello vigoroso". Nel frattempo dovrà vedersela anche con un’altra causa a New York per la truffa nella raccolta fondi per il muro al confine col Messico (dopo essere stato graziato dall’ex presidente sul fronte federale).

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