estremo oriente

La Corea del Nord ha lanciato un missile sopra il Giappone

Allarme aereo a Tokyo, ora si teme il settimo test nucleare di Pyongyang

Il tragitto compiuto dal missile (Keystone)
4 ottobre 2022
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La nuova escalation di Kim Jong-un ha preso forma nel primo missile balistico lanciato sopra il Giappone in più di cinque anni, oltre che in una preoccupante vicinanza alla Russia di Vladimir Putin con il sostegno all’annessione delle quattro regioni ucraine. Tokyo stamattina ha dovuto far risuonare sirene e messaggi d’allerta per 22 interminabili minuti, soprattutto nel Nord dell’arcipelago, ripiombando in un clima di paura che mancava dalle provocazioni del 2008 di Kim Jong-il, il padre dell’attuale leader nordcoreano.

La mossa di Pyongyang farebbe ritenere imminenti i test di vettori intercontinentali a lancio sottomarino e la temuta settima detonazione nucleare, mentre dall’altra parte della Russia, sul fronte occidentale con l’Ucraina, la minaccia dell’atomica è ventilata con maggiore insistenza. Avendo un nemico comune, gli Stati Uniti, il supporto di Kim a Putin non è mai venuto meno nei mesi della ‘missione militare speciale’ - a partire dalle votazioni all’Onu -, con Mosca che ha ricambiato bloccando con la Cina ogni tentativo di condanna del Consiglio di Sicurezza contro Pyongyang, che quest’anno ha già lanciato 42 missili in 23 test, di cui cinque negli ultimi dieci giorni. L’iniziativa del Nord - mentre i suoi media ufficiali non danno notizia del supremo leader da oltre tre settimane - è maturata con le manovre militari condotte da Usa, Corea del Sud e Giappone (prime in 5 anni) e dopo la visita della vicepresidente americana Kamala Harris a Tokyo e a Seul, in un chiaro messaggio di sfida.

I numeri

I dati di volo del test odierno hanno suggerito che il missile usato sia quello balistico a raggio intermedio (Irbm) Hwasong-12, che il Nord ha testato sette volte in passato, l’ultima a fine gennaio 2022: ha volato per oltre 4’500 km toccando l’apogeo di circa 970 km alla velocità massima di Mach 17 prima di finire nel Pacifico. Una performance tale da ricordare che nessuna città di Corea del Sud e Giappone è al sicuro, neanche la fortezza Usa di Guam. Kim, secondo gli osservatori, potrebbe valutare le reazioni internazionali, a cominciare da Cina e Russia, in vista del test nucleare, il primo dal 2017.


Kim jong-Un (Keystone)

Il Center for Strategic and International Studies (Csis), think tank basato a Washington, ha appena diffuso uno studio dettagliato sulle immagini satellitari ad alta risoluzione di Airbus Neo raccolte tra il 19 e il 29 settembre scorsi a Punggye-ri, il sito delle detonazioni atomiche. Se i preparativi al tunnel n.3 sono ultimati (Usa e Corea del Sud credono sia tutto pronto per il test), gli analisti del Csis hanno rilevato a sorpresa lavori al tunnel n.4 in un’attività che potrebbe far parte di un’espansione delle capacità sperimentali, oppure semplicemente di un puro depistaggio.

Le manovre di Kim

La certezza appare una: i tempi del settimo test rimangono esclusivamente nelle mani di Kim. A lui la decisione se procedere o meno, perché accantonata l’era Trump e i goffi tentativi di dialogo con gli Usa, il suo proposito sembra di voler convincere sudcoreani, giapponesi e americani di essere pronto a usare l’arma nucleare anche per primo.

Un ricatto, in altri termini, per strappare concessioni dopo aver seguito un percorso ben preciso: a fine aprile, alla parata militare a Pyongyang per i 90 anni della fondazione dell‘Esercito rivoluzionario del popolo coreano, Kim annunciò il superamento della deterrenza del nucleare. A giugno ha fatto pubblicare un ’Piano per la modifica e l’ampliamento degli incarichi operativi alle unità di frontiera’, con il dispiegamento di testate tattiche per colpire bersagli ravvicinati. A settembre, infine, ha approvato la legge sull’uso "automatico e preventivo delle armi atomiche" in caso di pericolo.

Le reazioni

La prova di forza di Kim, intanto, ha registrato la condanna del premier nipponico Fumio Kishida, che l’ha definita "un’azione barbara", ricevendo poi le rassicurazioni del presidente americano Joe Biden che ha espresso la sua "dura condanna". Il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol ha assicurato una reazione dura con gli alleati, mentre l’Ue ha parlato di "aggressione ingiustificabile". Più sfumata la posizione della Cina: appello "a una soluzione politica" e attenzione "alle legittime e ragionevoli preoccupazioni per la sicurezza" di Pyongyang, in base ad argomenti già usati a difesa della Russia. A Bali, al G20 di metà novembre, anche il dossier Kim sarà di certo sul tavolo del vertice, ora in fase negoziale, tra il presidente cinese Xi Jinping e Biden, a testimonianza di un mondo sempre più instabile.

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