Gran Bretagna

Lo ‘spettacolo’ dei funerali dell’ultima regina

La giornata più lunga di Londra e di tutta una nazione, e oltre. L’addio a Elisabetta II è stato immenso come la sua figura.

(Keystone)
19 settembre 2022
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Un cuscinetto di fiori colorati raccolti nelle diverse residenze reali e simboliche erbe aromatiche, fra cui il mirto, a rappresentare un matrimonio felice, e il rosmarino. La corona imperiale di Stato, con incastonati tre gioielli leggendari, un diamante, un rubino e uno zaffiro. A completare il copricapo, indossato subito dopo l’incoronazione da ogni sovrano, sette perle appartenute a Caterina De’ Medici.

E ancora, un biglietto scritto a mano lasciatole dal figlio, fino a settimana scorsa il principe Carlo, ‘in amorevole e devota memoria’. Lo scettro decorato con i simboli smaltati risalenti al 1820 che raffigurano una rosa, un cardo e un trifoglio a indicare una ‘porzione’ del regno: l’Inghilterra, la Scozia e l’Irlanda. A completarlo il diamante Cullinan I che con i suoi 530 carati è una delle pietre preziose tagliate più grandi al mondo. Vi era poi la Sovereign’s Orb, la sfera d’oro, metafora del ruolo di difensore della fede che il monarca britannico riveste in qualità di capo della Chiesa.


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I’m the Queen

A coprire completamente la bara di Elisabetta II c’era anche lo Stendardo reale. Sotto, la bara costruita trent’anni fa, realizzata grazie alla lavorazione di una quercia autoctona. Al suo interno, una colata di piombo la isola dagli agenti atmosferici come l’aria e l’acqua. Quale mezzo di trasporto un carro da guerra del 1896 affiancato da 142 militari.

Basterebbero solo questi ‘dettagli’ per capire che quello di oggi è stato un vero e proprio tributo alla regina dei record. Uno show che neppure il più estroso degli sceneggiatori avrebbe potuto mai concepire. Tutto organizzato alla perfezione, fosse solo per i passi all’unisono di coloro che seguivano il feretro, i milioni di uomini e donne accorsi in città e gli oltre 4 miliardi appiccicati ad uno schermo.


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Il saluto commosso del personale di Buckingham Palace

Una lunga giornata per Londra e per tutta una nazione quella di un lunedì di fine estate, 19 settembre 2022, undici giorni dalla morte della già indimenticabile ‘Her Majesty’. Una capitale inglese del resto immobile e blindata dal pomeriggio dell’annuncio, per molti inatteso, della dipartita di una figura che ha unito in se il potere per settant’anni. L’ultima regina, come l’hanno subito dipinta i maggiori esperti di monarchia, e non solo perché dopo di lei in Gran Bretagna vi saranno almeno tre re, Charles III, il figlio prossimo all’incoronazione, l’abiatico William, il nipotino George, terzo in linea di successione.

Un’immensa cerimonia così come è stata la vita della sovrana, testimone e protagonista di due secoli e due millenni, nelle sue 96 primavere. Amata dal popolo che ha saputo continuare a dispensarle affetto anche nel periodo buio di Diana Spencer, la nuora che aveva ‘consigliato’ al figlio ma che aveva finito per rubarle consensi e notti serene. Quell’affetto grande che proprio nel giorno dell’addio è affiorato con potenza: dai chilometri di fila di gente per lanciarle pur solo un veloce sguardo nella camera ardente allestita a Westminster Hall a quanti si sono posizionati con ore di anticipo lungo il percorso del corteo che ha preceduto e seguito le esequie, da Londra al castello di Windsor (dove Elisabetta sarà tumulata accanto al marito Filippo, ai genitori e alla sorella), oltre 22 miglia. Momento centrale la cerimonia che ha visto l’abbazia colma in ogni posto, anche quelli posticci alzati per l’occasione e per i 2’000 invitati. Rappresentanti della gente comune, nobili, teste coronate, presidenti, politici, uomini e donne del jet set. Solo Putin non c’era! E qualche altro fra cui una delegazione del Venezuela e dell’Afghanistan, e all’ultimo momento anche il principe Mohammed Bin Salman dell’Arabia Saudita, considerato un personaggio divisivo a causa della questione non ancora chiarita sull’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi.


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L’entrata nell’abbazia

Ma la lunga giornata aveva già preso corpo all’alba con i rintocchi del Big Ben e l’arrivo in chiesa dei capi di Stato, fra cui il nostro Ignazio Cassis, l’americano Joe Biden, con cui lo svizzero ha scambiato una veloce stretta di mano, il francese Emmanuel Macron, l’italiano Sergio Mattarella, la neo primo ministro inglese Liz Truss, la first lady ucraina Olena Zelenska, i premier canadese Justin Trudeau e australiano Anthony Albanese, dalle dinastie di tutta Europa fino all’ex dama di compagnia.

Lungo la navata un parterre di cappellini di tutte le fogge e abiti rigorosamente ‘black’. E là in prima fila il futuro della monarchia con il primogenito dei principi del Galles e la vispa Charlotte che per l‘occasione funesta ha sfoderato un aplomb invidiabile anche alla più granitica statua. Potremmo parlare di spettacolo e non ne offenderemmo la memoria di una regina, The Queen, che con quel suo onnipresente passo indietro nelle questioni internazionali ha diversamente sempre mostrato di essere un passo avanti. Anche nel suo ’farewell’.

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