Estero

Moqtada Sadr annuncia il ritiro, caos e scontri a Baghdad

Almeno 8 morti, coprifuoco in tutto l’Iraq. ma le violenze continuano. Gli Stati Uniti si dicono ‘preoccupati’.

Altra giornata di ordinaria violenza a Baghdad
(Keystone)
29 agosto 2022
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Beirut – Una giornata di ordinaria violenza è andata in scena a Baghdad, in un Iraq sempre più dilaniato dalla contesa inter-sciita tra il leader Moqtada Sadr, vincitore alle ultime elezioni, e i partiti armati filo-iraniani, sconfitti alle urne ma da anni parte del sistema egemonico iracheno. E mentre l’Iran ha sospeso i voli di linea per l’Iraq e gli Stati Uniti descrivono la situazione "preoccupante", il bilancio provvisorio delle violenze sale col passare delle ore: 8 sono gli uccisi e decine i feriti da spari di arma da fuoco esplosi da non meglio precisati uomini armati.

Alcune fonti accusano membri delle milizie jihadiste sciite filo-iraniane, ostili proprio ai sadristi, che hanno strappato e dato alle fiamme i simboli dell’influenza iraniana in Iraq. Altre fonti puntano invece il dito contro le forze di sicurezza governative, intervenute con gas lacrimogeni e "proiettili sparati ad altezza uomo" per disperdere la folla di seguaci di Sadr nella super-fortificata Zona Verde, dove sorgono le sedi istituzionali, le ambasciate, gli uffici dell’Onu e di altre organizzazioni straniere.

Coprifuoco senza effetti apparenti

L’esercito ha prima annunciato l’imposizione del coprifuoco a Baghdad e poi, in serata, ha esteso la misura a tutto il Paese. Ma le violenze sono proseguite, con scontri nelle strade di miliziani delle fazioni rivali.

La spirale di violenza si era innescata a metà giornata quando i sadristi si sono mobilitati in massa nella Zona Verde dopo che il loro leader aveva annunciato di ritirarsi dalla vita politica: una decisione solo in apparenza estrema, appositamente presa da Sadr per sparigliare le carte negoziali nel contesto del muro contro muro da mesi in corso con il fronte sciita rivale. Centinaia di suoi seguaci hanno così preso d’assalto il Palazzo della Repubblica, sede del governo, dopo che nelle settimane scorse avevano occupato i locali del parlamento e, nei giorni scorsi, avevano minacciato di fare altrettanto con la sede del Consiglio superiore della magistratura.

Legittimità elettorale, ma ambizioni frenate

Sadr, che vanta discendenze dirette dal profeta Maometto, è rampollo ormai maturo di una delle casate sciite più influenti di tutto il Medio Oriente, con ramificazioni dall’Iran al Libano. Bollato a lungo come leader populista e radicale, l’ex capo delle milizie anti-americane nell’Iraq post-Saddam ha nel corso degli anni preso sempre più le distanze dal vicino Iran e rafforzato la base di consenso: traducendo la popolarità in una serie di successi elettorali, fino alla vittoria, netta, registrata alle consultazioni di ottobre scorso (73 seggi sui 329 totali).

In un Medio Oriente in cui i governi non vengono quasi mai guidati da chi vince le elezioni bensì da oligarchie capaci di dividersi la torta del potere attraverso la formula dell’unità nazionale, Sadr ha per mesi insistito, invano, nel voler ricoprire un ruolo di spicco sia nella scelta del premier (uno sciita) sia nella nomina del capo di Stato (un curdo), cariche entrambe vacanti.

Dentro e fuori l’Iraq, dominato dalla spartizione di influenza iraniana e statunitense, nessuno ha sostenuto la formula di Sadr, che ha fatto più volte ricorso alla sua arma migliore: la mobilitazione dei suoi seguaci con l’occupazione fisica dei luoghi del potere istituzionale. Di fronte all’ennesimo stallo, Sadr ha prima ritirato tutti i suoi deputati e ha poi chiesto lo scioglimento del parlamento, mosse rivelatesi inefficaci. Ha così invitato, sabato scorso, tutti i leader politici, lui compreso, a ritirarsi da ogni carica politica. Fino all’annuncio odierno, quando gli eventi sono precipitati.

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