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La Lega scossa dal voto minaccia di lasciare il governo

‘Per ora’ nessuna volontà di uscire, ma il partito di Salvini chiede ‘segnali concreti di discontinuità entro l’autunno

Matteo Salvini, leader della Lega (Keystone)
14 giugno 2022
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"Per ora" nessuna volontà di strappare, all‘orizzonte nessun ’Papeete due’, tuttavia non si può far finta di niente: dopo la scoppola di domenica l’esecutivo deve dare alla Lega "segnali concreti di discontinuità e vitalità soprattutto sull’economia, a partire dalle pensioni". Altrimenti in autunno tutto può accadere.

All’indomani di questo difficile primo turno amministrativo, un colonnello molto vicino a Matteo Salvini, con queste parole fa il punto circa il dibattito interno al partito, confermando il malumore interno crescente poche ore dopo l’esortazione di Giorgia Meloni a staccare la spina a Draghi.

Tutti si rendono conto che abbandonare la maggioranza, per la Lega, significherebbe dare implicitamente ragione a Fdi, da subito all‘opposizione. Tuttavia - ammette la stessa fonte - la sensazione generale emersa dal voto è che il governo non sia percepito positivamente dall’opinione pubblica di centrodestra, compreso dal cosiddetto ’popolo delle partite Iva’, che solo secondo "i giornaloni si sarebbe inginocchiato a Draghi".

L’attacco del fedelissimo

La prova sta nei dati: nei centri piccoli, dove la Lega è radicata - è il suo ragionamento - aumenta i voti e i sindaci. Invece, arretra nei centri più grandi, dove prevale il voto di opinione, e dove paga il basso gradimento per chi sostiene Draghi. Già ieri sera, a caldo, un dirigente molto vicino a Matteo Salvini come il vicesegretario Lorenzo Fontana, ha aperto platealmente il fronte nei confronti del governo. "Se per la Lega sarà più difficile stare al Governo questo autunno? Fosse per me - ammette su Rete 4 - io sono abbastanza stanco... Sono un uomo libero e dico che se l’obiettivo di questo governo era quello di tentare che ci fossero il meno possibile di problemi economici dopo la pandemia era giusto provarci e sono convinto che quella scelta sia stata giusta in quel momento. Nel momento in cui però non vedo che i nostri cittadini hanno un riscontro positivo, la Lega risponde all’elettorato, non a qualcun altro, risponde ai propri cittadini".

Insomma, sintetizza Fontana, "se la Lega non è lì per incidere allora tanto vale che non ci stia". "Io - incalza - non voglio tornare sul mio territorio dovendo vergognarmi perché questo Governo non pensa ai cittadini". "Questa - ha aggiunto - è una riflessione che la Lega deve fare perché in autunno sarà molto peggio di adesso. O il Governo cambia e inizia a pensare a quello che interessa ai cittadini o altrimenti faremo le nostre scelte. Poi sarà Salvini ovviamente che ci penserà con tutti gli altri molto più bravi e preparati di me. Però io da uomo libero e leghista - ha concluso - penso di poter rappresentare comunque una parte di quello che la Lega pensa in questo momento, che forse non è neanche particolarmente minoritaria".

Le correnti

Uno sfogo non solo personale o estemporaneo, ma assolutamente in linea con la percezione di Via Bellerio. Lorenzo - assicurano in tanti nella Lega - ha parlato trasmettendo "il sentimento di larghissima parte del partito". Parole forti che gettano nuova benzina in un partito che da mesi vive uno scontro interno, sempre latente ma mai esploso, tra la segreteria e la cosiddetta ‘ala governista’, spesso associata al presunto "partito dei governatori". Tuttavia, il risultato molto deludente di ieri ha rimescolato le carte: non a caso dal partito veneto, considerato in mano al ’moderato’ Luca Zaia, uscito fortemente ridimensionato dalle comunali, arriva una protesta radicale contro il governo: "Abbiamo bisogno di andare alle elezioni, non possiamo continuare con Governi non legittimati dal voto, c’è sempre la scusa per non decidere", confidano all’Ansa fonti autorevoli della Lega veneta. Il redde rationem dovrebbe arrivare solo al prossimo consiglio Federale, tra 15 giorni, dopo i ballottaggi.

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