Estero

Trattative febbrili per sbloccare il grano

Kiev dovrà sminare le acque del Mar Nero, ma i russi esigono anche l’allentamento delle sanzioni occidentali

Il ministro degli esteri Lavrov e il suo omologo turco Cavusoglu
(Keystone)
8 giugno 2022
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La Russia permetterà forse lo sblocco delle esportazioni di grano dai porti ucraini, ma alle sue condizioni. Volato ad Ankara dopo la visita a Belgrado sfumata per la chiusura degli spazi aerei europei, il ministro degli Esteri Sergei Lavrov sposa gli sforzi di mediazione della Turchia e promette che lo sminamento delle acque davanti alle coste del mar Nero non verrebbe sfruttato da Mosca per attaccare gli scali. "Queste - ha detto - sono le garanzie del presidente della Russia e siamo pronti a formalizzarle in un modo o nell’altro". Ma il primo passo, ha avvertito, spetta a Kiev con lo sminamento dei porti.

Per favorire una soluzione alla crisi alimentare mondiale, ha spiegato Lavrov, la Russia è pronta a trattare con la mediazione dell’Onu. Ma dall’Occidente Mosca vuole in cambio l’allentamento delle sanzioni. Una richiesta sponsorizzata dalla Turchia, membro della Nato che sin dall’inizio ha deciso di non applicare misure punitive per "mantenere una posizione equilibrata" e salvaguardare i rapporti politici e commerciali con la Russia. "Se dobbiamo aprire il mercato internazionale ucraino, pensiamo che levare gli ostacoli alle esportazioni russe sia legittimo", ha spiegato il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu. Immediata è giunta però la replica di Kiev. "La vera causa di questa crisi – ha ribadito il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba – è l’aggressione russa, non le sanzioni".

Oltre allo sminamento, che dopo il via libera politico e militare richiederà comunque diverse settimane, il nodo principale resta quello delle garanzie di sicurezza pretese da Kiev. Ankara ha ribadito il suo impegno a tutelare in prima persona le rotte commerciali, ma l’Ucraina pretende anche l’ombrello dell’Onu e soprattutto il coinvolgimento di un dispositivo navale di alleati, a partire dalla Gran Bretagna. Un punto d’incontro deve ancora essere trovato, come ha spiegato l’ambasciatore di Kiev ad Ankara, Vasyl Bodnar, secondo cui tra Ankara e Mosca non è stato raggiunto alcun accordo concreto. Il muro contro muro è alimentato anche dalle accuse di furto dei cereali ucraini, rilanciate oggi dal presidente del Parlamento di Kiev, Ruslan Stefanchiuk, davanti alla plenaria del Parlamento europeo, dove anche la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha denunciato che "il cibo è diventato parte dell’arsenale del terrore del Cremlino".

Dai porti ucraini passati sotto il controllo russo le esportazioni sono invece pronte a riprendere. Dopo la partenza dei primi cargo nei giorni scorsi da Mariupol, "alla fine di questa settimana" navi cariche di grano prenderanno il largo da quello di Berdyansk, riaperto dopo lo sminamento delle acque. "In realtà - ha fatto sapere Vladimir Rogov, membro dell’autoproclamata amministrazione locale - qui c’è molto grano, tutti gli elevatori sono pieni". I russi non negano insomma l’accaparramento del grano ucraino, considerandolo ormai loro. Come conferma anche il capo dei separatisti di Zaporizhzhia, Yevgeny Balitsky, secondo cui i cereali dalla regione sono già partiti per il Medio Oriente in treno "attraverso la Crimea".

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