Estero

Filippine verso le presidenziali, Bongbong Marcos favorito

Si vota lunedi per il dopo-Duterte. Il figlio dell’ex dittatore Ferdinand Marcos ha improntato la sua campagna alla riabilitazione del regime del padre

(Keystone)
7 maggio 2022
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rentasei anni dopo aver cacciato il padre con una rivoluzione popolare, i filippini stanno per mettere il figlio alla guida del Paese. Ferdinand Marcos junior, figlio dell’omonimo dittatore e della celebre Imelda, è il grande favorito alle elezioni presidenziali di lunedì nelle Filippine che si apprestano a scegliere il successore del controverso Rodrigo Duterte.

E con un passato che è già stato riscritto con toni nostalgici, il rischio è che il vento revisionista di destra che soffia impetuoso nelle Filippine porti a una nuova deriva autoritaria.

Marcos (64 anni), che i filippini chiamano con il soprannome "BongBong" o con le iniziali BBM, va al voto forte di circa trenta punti percentuali di vantaggio sulla maggiore sfidante Leni Robredo, la vicepresidente uscente.

Il terzo candidato più popolare è l’ex campione di pugilato Manny Pacquiao, i cui consensi non arrivano però in doppia cifra. La vittoria a valanga di Marcos sarà probabilmente completata con l’elezione (nelle Filippine si vota con due schede diverse per il leader del Paese e il suo vice) di Sara Duterte - figlia del presidente uscente Rodrigo - a vicepresidente. Anche per lei i sondaggi indicano oltre il 50 percento dei consensi.

Marcos e Duterte hanno condotto una campagna elettorale basata su comizi affollati e nessuna intervista ai media tradizionali, evitando anche i dibattiti televisivi con gli altri candidati. In compenso, il loro vago messaggio di unità e di futura prosperità è stato amplificato come non mai da una capillare e aggressiva campagna sui social media, con video su Facebook e TikTok a opera di popolari influencer, tutti improntati a screditare i media mainstream e a coltivare la nostalgia per la dittatura di Marcos padre, descritta come un periodo d’oro per lo sviluppo economico delle Filippine.

Qualsiasi riferimento alle uccisioni di dissidenti e alle torture, o alla sistematica corruzione che permise ai Marcos di arricchirsi a spese della popolazione, viene bollato come "fake news". E al contempo, contro Leni Robredo (57 anni) - ex avvocato a difesa delle cause dei più poveri - è stata scatenata una campagna di disinformazione senza precedenti.

I superstiti delle violenze sotto Marcos padre, assieme ai familiari delle vittime, sono increduli di fronte al successo di questo revisionismo. In parte ciò si spiega con la bassa età media dei filippini: un terzo dei 67 milioni che andranno al voto lunedì sono nati dopo la caduta di Marcos.

Inoltre, si calcola che in media i filippini passino quattro ore al giorno sui social media; assieme al basso livello dell’istruzione, ciò vuol dire che la disinformazione fa breccia in fretta.

A questa presa contribuiscono anche le promesse mancate di sviluppo economico da parte dei presidenti che gli sono succeduti, in un Paese dove un quarto degli abitanti vive in estrema povertà e il Pil pro capite non arriva ai 4mila dollari.

E in un contesto recente di crisi economica e impennata dell’inflazione, un candidato che si colloca come anti-sistema - per quanto Marcos sia in politica dall’età di 23 anni - ha più ascolto.

Il timore di molti, però, è che questa voglia di "uomo forte" e l’assenza di memoria storica possa portare non solo alla definitiva riabilitazione della famiglia Marcos, ma a nuovi eccessi contro gli oppositori: nella presidenza Duterte, famosa anche per la "guerra alla droga" che ha ucciso almeno 8mila persone, si calcola che oltre 400 attivisti siano stati uccisi. Visto il clima della sua campagna elettorale, in molti temono che con BongBong Marcos la tendenza possa anche peggiorare.

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