Francia

Stragi di Parigi, Salah chiede scusa in lacrime alle vittime

‘Voglio presentare le mie condoglianze e le mie scuse a tutte le vittime’, ha dichiarato l’uomo di 32 anni in aula. ‘Detestatemi oggi con moderazione’

(Keystone)
15 aprile 2022
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"Vi chiedo di perdonarmi". In occasione del suo ultimo interrogatorio al maxi-processo parigino per gli attacchi del 13 novembre 2015 che hanno causato 130 morti e 350 feriti tra lo Stade de France, il Bataclan e i locali del centro di Parigi, l’unico attentatore superstite del commando, Salah Abdeslam, si è "scusato" con le vittime e per la prima volta ha versato qualche lacrima dinanzi alla corte.

Dopo aver tenuto la bocca cucita per lungo tempo, oggi il terrorista francese sorvegliato speciale nel carcere di Fleury-Mérogis ha ripetuto la sua ultima versione dei fatti, già illustrata nella precedente udienza di fine marzo. Vale a dire che nella notte degli attentati avrebbe dovuto farsi esplodere da kamikaze in un bar del 18esimo arrondissement - lo stesso in cui sorgono Montmartre e la Basilica del Sacro Cuore - salvo poi "rinunciare" all’ultimo momento, vedendo tanti giovani come lui che si divertivano e gli assomigliavano.

"Voglio presentare le mie condoglianze e le mie scuse a tutte le vittime", ha dichiarato l’uomo di 32 anni intervenendo nell’aula bunker dell’Ile de la Cité, nel cuore di Parigi, in questi giorni dominata dalla cronaca politica legata al ballottaggio presidenziale del 24 aprile tra Emmanuel Macron e Marine Le Pen. "So che c’è ancora dell’odio, oggi vi chiedo di detestarmi con moderazione", ha detto con le lacrime sulle guance. "Vi chiedo di perdonarmi", ha aggiunto davanti alla Corte d’assise speciale a conclusione del suo interrogatorio, iniziato mercoledì.

Alla domanda di una dei suoi legali se rimpiangesse di non essersi fatto esplodere, l’ex primula rossa ricercato numero 1 d’Europa prima della spettacolare cattura a Molenbeek, nell’agglomerato urbano di Bruxelles, il 18 marzo 2016, ha risposto: "Non lo rimpiango, non ho ucciso quelle persone e non sono morto". E ancora: "Oggi vorrei dire che questa storia del 13 novembre si è scritta con il sangue delle vittime. È la loro storia e io ne faccio parte. Sono legati a me ed io sono legato a loro".

Durante l’udienza, Abdeslam si è messo a piangere parlando del dolore di sua madre e ha chiesto perdono anche agli altri tre imputati con lui, accusati di averlo aiutato durante la fuga: "Non volevo trascinarvi in tutto questo". Se le mie scuse potessero "fare bene a una sola delle vittime, per me sarebbe una vittoria. È tutto quello che ho da dire". Parole diverse da quelle che pronunciò all’inizio del maxi-processo, a settembre, quando invocò Allah come "unico Dio" e definì se stesso come "un combattente dello Stato islamico". Quel giorno, Abdeslam arrivò fino contestare la legittimità della presenza in aula dei familiari delle vittime come parti civili: "I morti che ci sono stati in Siria e in Iraq potranno prendere la parola?", disse rivolgendosi al giudice con aria di sfida mentre oggi il suo atteggiamento è ben diverso.

"È una sorpresa", ha reagito all’esterno del Palazzo di Giustizia, Georges Salines, papà di una delle novanta vittime del Bataclan. Il perdono "è importante che lo chieda... ci rifletteremo", ha aggiunto. "Penso fosse sincero", gli ha fatto eco Cédric, un superstite degli attacchi del 13 novembre mentre Gérard Chemla, avvocato di un centinaio di vittime, non è sembrato lasciarsi intenerire da un discorso che considera "costruito e affettato".

"Ha pianto per lui e per i suoi amici, non per le vittime", ritiene il legale. A inizio giornata, un avvocato ha chiesto ad Abdeslam il modo in cui vorrebbe essere ricordato. "Non voglio essere ricordato - ha risposto lui -, voglio essere dimenticato per sempre, non ho scelto di essere colui che sono oggi".

Quello di Parigi è il processo dei record, con almeno 1.800 parti civili. Inizialmente previsto per una durata di nove mesi, è stato già interrotto diverse volte a causa della pandemia da Covid-19.


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