Estero

Ungheria, la vittoria di Orbán piace anche ai russi

L’icona della destra sovranista europea festeggia un trionfo oltre le attese, l’opposizione si interroga sul suo futuro, il Cremlino ringrazia

Il premier ungherese (Keystone)
4 aprile 2022
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Viktor Orbán e i suoi festeggiano la "vittoria storica" incassata alle urne mentre da Mosca arrivano anche le congratulazioni di Vladimir Putin, che ha addirittura offerto una nuova partnership a Budapest, nel momento più nero delle relazioni della Russia con l’Europa dalla guerra fredda. Un risultato che ha messo in ombra la sconfitta del premier al referendum Lgbt per il quale non è stato raggiunto il quorum, mandando in soffitta la legge omofoba che voleva il premier.

Alla luce dell’inatteso scarto elettorale inflitto al candidato che rappresentava quasi tutta l’opposizione, il ministro degli esteri Peter Szijjarto ha definito la vittoria di Fidesz "storica". Mentre nel campo degli avversari dilaga l’amarezza, e alcuni hanno cominciato a dare la colpa al capofila Peter Marki-Zay, che a caldo ha denunciato "il sistema disonesto, in cui non si sarebbe potuto fare di più". Alla quarta vittoria consecutiva, il premier sovranista ha ottenuto una maggioranza anche più ampia della volta precedente, con il 53% delle preferenze (135 seggi) contro il 35% (56 seggi) dell’Alleanza e il 6% (7 seggi) per l’estrema destra. In questo clima, l’annullamento del referendum anti-Lgbt, sul quale non è stato invece raggiunto il quorum, è passato in secondo piano.

La vittoria ha rafforzato il ruolo di Orbán come icona della destra europea. Il leader ungherese ha ricevuto messaggi di congratulazioni dagli italiani Matteo Salvini e Giorgia Meloni, della francese Marine Le Pen e dallo sloveno Janez Jansa, oltre agli auguri compromettenti del presidente russo, che ha espresso "fiducia per un ulteriore sviluppo delle relazioni bilaterali". I fedeli di Orbán vedono giustificato così l’equilibrismo del premier, che ha approvato le sanzioni europee contro la Russia, ma mantiene rapporti con Mosca per assicurarsi le forniture di gas e "rimanere fuori" dal conflitto "che non è la nostra guerra". Posizione che si è rivelata forse il motivo principale del successo elettorale.

Secondo gli analisti, il trionfo non sarebbe quindi intaccato dalla bocciatura del referendum sulla legge anti-Lgbt, e potrà rinvigorire i tratti autoritari del regime di Orbán, che manterrà la conflittualità permanente con Bruxelles, con Soros e col presidente ucraino, gli "avversari" elencati nel discorso pronunciato nella serata elettorale, quando il premier ha affermato di aver vinto "contro tutti". "Lo scontro, qualche volta solo retorico, con l’Ue fa parte della strategia di Orbán, e adesso sarà più accentuato" secondo Peter Kreko dell’istituto Political Capital, mentre l’Ungheria avrebbe bisogno più che mai dei fondi europei congelati da Bruxelles, visto il deterioramento della situazione economica del Paese a causa dell’aumento del debito e dei prezzi.

Certo, Orbán rimane più isolato sul campo europeo dopo la rottura con la Polonia e i Paesi Visegrad per la sua posizione ambigua sulla Russia, e avrà grandi difficoltà nella gestione dei problemi economici. Anche nel mondo delle ong c’è grande preoccupazione dal momento che sono da tempo trattate come "agenti stranieri" dal governo ungherese (secondo il modello Putin). "È un disastro per la democrazia", ha detto Marta Pardavi del Comitato Helsinki, "la gente è vittima di una propaganda di disinformazione". E Amnesty International teme l’indebolimento ulteriore dei diritti umani.

Nell’alleanza che ha perso – i 6 partiti di opposizione, che esprimevano un unico candidato proprio per battere il fautore della democrazia illiberale – è cominciata l’autocritica, con molte polemiche e domande sulla speranza che potesse davvero funzionare una coalizione così eterogenea.

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