Estero

Assange: niente ricorso in Gb, sarà estradato negli Usa

Oltreoceano il fondatore di WikiLeaks rischia una pesantissima condanna per aver contribuito a diffondere documenti riservati

Alcuni sostenitori di Julian Assange all’esterno dell’Alta Corte di Londra nell’ottobre 2021
(Keystone)
14 marzo 2022
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La giustizia britannica ha negato il ricorso alla Corte Suprema per Julian Assange contro il via libera all’estradizione negli Usa dato nei mesi scorsi in Appello.

Con questa decisione si spalanca la strada alla consegna oltreoceano, dove il fondatore australiano di WikiLeaks rischia una pesantissima condanna per aver contribuito a diffondere documenti riservati contenenti anche informazioni su crimini di guerra commessi dalle forze americane in Iraq e Afghanistan.

Julian Assange, 50 anni, aveva avuto il permesso dagli stessi giudici di Appello di fare istanza di ricorso alla Corte Suprema, secondo l’iter procedurale britannico; ma quest’ultima ha oggi rifiutato di riesaminare il caso ritenendo insussistenti in punto di diritto le questioni sollevate dagli avvocati della difesa per chiedere un ulteriore verdetto.

La consegna, come ammette la stessa WikiLeaks, potrà avvenire a questo punto anche se i suoi legali dovessero tentare di rivolgersi alla giustizia internazionale, avendo il Regno Unito completato la propria procedura giudiziaria sulla contestatissima vicenda. Il dossier torna infatti ora sul tavolo del ministro dell’Interno, per il nullaosta definitivo all’estradizione entro poche settimane: nullaosta considerato scontato da parte della titolare attuale del dicastero, Priti Patel, un falco della compagine Tory di Boris Johnson.

In primo grado era stata negata l’estradizione

In primo grado la giudice Valeria Baraister aveva negato l’estradizione, sulla base delle condizioni di salute e psichiche dell’attivista australiano – che ha trascorso sette anni come rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra e poi altri tre nel penitenziario di massima sicurezza londinese del Belmarsh in attesa di giudizio, malgrado nel frattempo fossero cadute le controverse accuse di stupro presentate parallelamente nei suoi confronti dalla Magistratura svedese – e di una perizia che lo indicava a rischio di suicidio se consegnato agli Usa.

Ma a dicembre la Corte d’Appello aveva ribaltato la sentenza a suo sfavore, accettando le rassicurazioni delle autorità americane: che sulla carta si sono impegnate a evitargli la reclusione in isolamento in un carcere duro, evocando pure la possibilità di una condanna inferiore al massimo della pena teorico e l’ipotetica opportunità di lasciargli più avanti scontare parte di un’eventuale condanna in Australia.

In America, dove gli si dà la caccia da oltre un decennio, il cofondatore di WikiLeaks – che è stato appena autorizzato a sposarsi il 23 marzo nella prigione di Belmarsh con l’avvocata sudafricana Stella Morris, la compagna che gli ha dato due figli durante il periodo di asilo nell’ambasciata ecuadoriana – rischia in ogni modo grosso.

Visto che gli viene contestato non solo il presunto reato di complicità nell’hackeraggio dell’archivio del Pentagono, bensì anche un’accusa di violazione della legge Usa sullo spionaggio del tutto inedita in un caso di pubblicazione di documenti riservati sui media. Di qui le denunce di sostenitori, attivisti dei diritti umani legati all’Onu e di associazioni come Amnesty International o Reporters Sans Frontiers contro quella che da tempo viene additata come una forma di persecuzione, di vendetta politica, oltre che di minaccia alla libertà d’informazione giornalistica.

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