Estero

Due anni fa il ‘Paziente 1’ di Codogno e dell’Italia

Il ricordo dell’anestesista che lo individuò: ‘Quel giorno c’era tanta tensione e tanta concentrazione’. E cinque giorni dopo toccò al Ticino

La Codogno spettrale di due anni fa
(Keystone)
20 febbraio 2022
|

Era la sera del 20 febbraio 2020, e all’ospedale di Codogno l’Italia scopriva il primo caso di Covid in quel giovane uomo di 38 anni, Mattia Maestri, che poi venne chiamato da tutti il ‘Paziente 1’.

Sono passati due anni dall’esito di quel tampone che scoprì il primo positivo in Italia cambiando le sorti non solo di Codogno, comune della bassa Lodigiana che divenne la prima zona rossa del Paese, ma di tutta l’Italia. E, di riflesso, anche della Svizzera, che cinque giorni dopo si trovò a sua volta alle prese con il suo primo ‘Paziente 1’: l’annuncio della prima positività su suolo elvetico (un ticinese) fu infatti dato il 25 febbraio.

Il primo caso in Italia

A scoprire il ‘Paziente 1’ è stata, grazie al suo intuito, una dottoressa che lavorava come anestesista all’ospedale di Codogno, Annalisa Malara, che quel giorno decise di forzare il protocollo che prescriveva a chi fare i test per il Covid e di sottoporre al tampone quel 38enne sano e sportivo che era devastato da una polmonite. Il tampone rivelò la positività dell’uomo al Sars-CoV-2.

Quella sera di due anni fa «ricordo tanta tensione e tanta concentrazione sul curare questo paziente – racconta Annalisa Malara – e al contempo c’era anche tanta paura per quello che stava succedendo. Infatti era chiaro che eravamo davanti a qualcosa di molto grande, l’apprensione è stata da subito elevatissima».

Dopo un po’ «mi sono chiesta come mai questo ragazzo che lavorava in un’azienda in cui i viaggi all’estero erano all’ordine del giorno ed era in contatto con colleghi che viaggiano non avesse potuto entrare in contatto con il virus. Quindi mi sono detta che avrei dovuto fare questo tampone».

Una reazione a catena

Dopo il tampone positivo in poche ore è stato evacuato il Pronto soccorso dell’ospedale, e il 23 febbraio è scattata la prima zona rossa d’Italia a Codogno e in altri dieci comuni limitrofi, con l’arrivo dei militari che hanno iniziato a presidiare i confini dei paesi, mentre ai cittadini è stato raccomandato di rimanere nelle loro abitazioni e di non avere contatti con nessuno. Le strade deserte di Codogno, la Wuhan italiana, con le serrande abbassate dei negozi e il senso di paura tra le persone e gli stessi sanitari, che non conoscevano questo virus così devastante, hanno fatto il giro del mondo. In poco tempo tutta l’Italia sarebbe diventata una grande zona rossa con l’inizio del lockdown.

Dopo due anni e grazie ai vaccini la vita sembra tornare quasi alla normalità. «Rispetto a due anni fa mi sento molto meglio. Quella fu una giornata difficile da tutti i punti di vista. Oggi sono molto più serena e tranquilla, anche per quanto riguarda la salute dei miei familiari e delle persone a me più care perché sono tutte vaccinate».

A Codogno sono giorni di ricordo, questa mattina nel paese si è svolta una biciclettata, la ‘Zona rossa gravel’. Mentre domani all’ex ospedale Soave di Codogno si terrà l’evento commemorativo ‘Codogno 2020-2022’, a cui parteciperà il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, con i sindaci di Codogno e dei Comuni della prima zona rossa. E Annalisa Malara.

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE