Estero

I talebani fermano e rilasciano due reporter stranieri

L’accusa: ‘Sono delle spie’. L’Unhcr: ‘No, in missione per l’Onu’

La polizia afghana marcia con la bandiera (Keystone)
11 febbraio 2022
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I talebani non allentano la morsa sulla stampa e ribadiscono a loro modo che dall’Afghanistan è meglio stare alla larga. Ultimi in ordine di tempo a finire nelle galere opache dell’emirato islamico sono due giornalisti stranieri in missione per conto dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) e alcuni colleghi afghani che collaborano con loro. Per ora si conosce solo l’identità di uno di essi: Andrew North, ex corrispondente britannico della Bbc, ora freelance, che ha seguito il Paese per vent’anni e ha al suo attivo innumerevoli viaggi in Afghanistan.

“Due giornalisti che avevano ricevuto un incarico dall’Unhcr e cittadini afghani che lavorano con loro sono stati arrestati a Kabul. Stiamo facendo del nostro meglio per risolvere la situazione“, ha fatto sapere l’agenzia dell’Onu, rifiutando di scendere nei dettagli “vista la natura della situazione”. "Andrew era a Kabul a lavorare per l’Unhcr, cercando di aiutare il popolo afghano”, ha twittato sua moglie Natalia Antelava, aggiungendo: "Siamo estremamente preoccupati per la sua sicurezza e chiediamo a chiunque abbia influenza di aiutare a garantire il suo rilascio”.

Equilibrismo

I talebani, impegnati in un improbabile esercizio di equilibrismo tra il tentativo di conquistare un minimo di credibilità tra le democrazie del mondo e l’imprinting della repressione come elemento fondante del potere, hanno dapprima preso tempo. “Abbiamo ricevuto informazioni al riguardo e stiamo cercando di confermare se sono stati detenuti o meno”, ha detto Zabihullah Mujahid, portavoce del governo di Kabul. Salvo poi confermare tutto al Washington Post, capi d’imputazione compresi.

"Diversi stranieri" sono stati arrestati a Kabul con l’accusa di lavorare per agenzie di intelligence straniere, ha detto un membro dei servizi talebani sotto la protezione dell’anonimato mentre un’altra fonte anonima vicina al dossier ha spiegato che gli arresti sono stati effettuati “all’inizio della settimana” e dopo giorni di negoziati non è stato raggiunto un accordo per il loro rilascio.

Da agosto, quando i talebani hanno ripreso il potere, la repressione contro le voci critiche è stata durissima. Sono almeno 50 i reporter afghani arrestati dalla polizia o dai servizi segreti, secondo un rapporto diffuso all’inizio di febbraio da Reporters senza frontiere. Ma anche nei mesi precedenti alla ripresa del controllo del Paese diversi operatori dei media, donne comprese, sono stati uccisi in omicidi mirati attribuiti ai talebani. All’inizio di gennaio quattro militanti femministe sono scomparse a Kabul dopo aver partecipato a manifestazioni anti regime. E nonostante i talebani si siano chiamati fuori sostenendo di aver aperto un’inchiesta, l’allarme nella comunità internazionale si è ulteriormente alzato.

La libertà di stampa

Una matassa, quella dei diritti umani e della libertà di stampa e di parola, difficilmente dipanabile per gli eredi del mullah Omar che hanno un disperato bisogno degli aiuti occidentali per affrontare la catastrofe umanitaria che rischia di coinvolgere oltre la metà della popolazione. Secondo l’Unicef, “24,4 milioni di persone affrontano la fame estrema e 9 milioni sono a rischio carestia". “Sono i bambini e le bambine a pagare il prezzo più alto - denuncia il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia - 3,9 milioni di bambini affrontano una grave malnutrizione” e "più di 13 milioni hanno un disperato bisogno di aiuto”.

I fondi internazionali rappresentavano il 75% del bilancio afghano prima del ritorno dei talebani, ma la condizione per riaverne almeno una parte è il rispetto dei diritti umani, come ha appena ricordato il capo missione del Regno Unito Hugo Shorter, ora basato in Qatar, reduce da una visita a Kabul dove ha incontrato il ministro degli Esteri Amir Khan Muttaqi.

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