verso il vertice

‘Blinken non venga a Ginevra a mani vuote’

Il rappresentante russo presso l’Ue Vladimir Chizhov teme una fase di stallo sulla risoluzione dei problemi della questione ucraina

Blinken e Lavrov (Keystone)
20 gennaio 2022
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Mosca spera che il segretario di Stato americano Antony Blinken non si presenti venerdì a Ginevra “a mani vuote”, quando incontrerà il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov. “Abbiamo bisogno di risposte”. Vladimir Chizhov è il rappresentante della Russia presso l’Unione Europea, funzionario di lungo corso, a Bruxelles dal 2005. Intervistato dall’Ansa, Chizhov sostiene che Mosca non ha nessuna intenzione di “dividere l’Ue dagli Stati Uniti”, né ha voluto escludere l’Unione Europea dai negoziati sulla sicurezza. “Semmai è l’Ue che si è esclusa da sola, bloccando ogni forma di dialogo strutturato, compresa l’idea di un summit Russia-Ue avanzata da Francia e Germania e poi silurata da alcuni Stati membri”.

La tensione sul fronte orientale europeo resta alta, su questo non ci piove. Chizhov addossa però la responsabilità alle autorità ucraine e alla mancanza di progressi nel formato Normandia, dove siedono Francia e Germania. La Russia chiede ai Paesi occidentali, “in primis agli Stati Uniti ma anche all’Italia”, di fare pressioni su Kiev “perché attui gli accordi di Minsk”.

Accordi disattesi

Quando gli si fa notare che anche Mosca in parte ha disatteso gli accordi, Chizhov ribadisce che la Russia “non è parte degli accordi” mentre “il presidente Volodymyr Zelensky nel 2019 a Parigi ha preso certi impegni e non li ha onorati”. Per superare l’impasse Mosca “non è contraria” all’idea di allargare il formato Normandia a nuovi attori, come appunto “gli Usa e l’Italia”, purché la piattaforma sia efficiente perché “incontrarsi per incontrarsi non serve”. Di nuovo, la Russia vuole vedere dei progressi, al di là delle simbologie diplomatiche. Che, però, pure contano. Il palazzo dove ha sede la missione russa a Bruxelles, ad esempio, è quasi accanto a quella americana: le due bandiere si vedono sventolare sotto lo stesso refolo di vento e pioggia.


Foto di gruppo il 16 giugno scorso a Ginevra (Keystone)

La Russia parla con gli Usa perché l’Ue non è “un’alleanza militare” e sulla sicurezza non ha voce in capitolo su “dove vengono piazzati i missili”. Ecco perché l’allargamento Ue “non pone un rischio immediato” per la sicurezza russa, mentre “quello della Nato sì”. “Noi non vogliamo portare indietro le lancette dell’orologio: è la Nato a essere uno strumento del XX secolo riproposto nel secolo XXI”. Resta il fatto che le truppe russe sono dislocate ai confini dell’Ucraina (Chizhov non lo nega ma non commenta sui numeri) e “la metà dell’esercito ucraino sta dall’altra parte: parliamo di 125mila uomini”. Questo pone dei rischi inevitabili, no? “In Germania, sia Est che Ovest, a un certo punto siamo arrivati ad avere milioni di soldati eppure la pace e la sicurezza in Europa sono state garantite”, dichiara nero su bianco.

Scenario fosco

“Non mi preoccupa lo stallo, mi preoccupano le possibili azioni delle autorità di Kiev: una provocazione nel Donbass sarebbe contrastata dalle milizie delle repubbliche autoproclamate e, dunque, scatenerebbe una reazione a catena”. Uno scenario fosco, che si sta cercando appunto di evitare. Ma se i negoziati dovessero fallire si andrebbe davvero a un punto di non ritorno? “Il punto di non ritorno, nella politica internazionale, è la fine della politica internazionale: io mi auguro che il buon senso alla fine prevalga. Il popolo russo – avverte – ha una lunga storia nel saper affrontare i disagi per salvaguardare l’interesse nazionale, la sicurezza e, in definitiva, la libertà”. Un’affermazione che suona molto come un monito.

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