Estero

Torna il boia in Giappone

Prime impiccagioni dopo due anni di stop. Il ministro della Giustizia: “Pena inevitabile davanti a crimini efferati”

Una stanza delle esecuzioni a Tokyo (Keystone)
21 dicembre 2021
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Tornano le esecuzioni capitali in Giappone - per la prima volta dopo due anni senza boia - in quello che appare a tutti gli effetti l’inizio di un nuovo corso avallato dall’amministrazione del premier Fumio Kishida. Già a ottobre, del resto, il ministro della Giustizia, Yoshihisa Furukawa, aveva definito la pena di morte “inevitabile” per i crimini efferati e giudicati atroci dalla comunità, dando per scontato la continuazione della pratica nell’attuale ordinamento giuridico nipponico. Gli ha fatto eco il portavoce del governo, Seiji Kihara: “Vista l’atrocità dei crimini commessi e il tasso di recidiva di alcuni soggetti è inappropriato valutare l’abolizione della pena capitale”.

Al patibolo sono stati condotti tre uomini identificati come Yasutaka Fujishiro, di 65 anni, colpevole di aver ucciso sette familiari nella prefettura di Hyogo nel 2004, Tomoaki Takanezawa e Mitsunori Onogawa, rispettivamente di 54 e di 44 anni, giudicati gli esecutori di due omicidi in una sala giochi di Gunma nel 2003. Le esecuzioni nel Paese del Sol Levante vengono condotte quasi unicamente per impiccagione, e riguardano in prevalenza pluriomicidi.

Come negli Usa

Nel dare conto dell’accaduto la stampa giapponese, anche la più liberale, ha preferito soffermarsi sulla crudeltà e la ferocia dei delitti, tralasciando ogni ipotesi di discussione sull’opportunità di un dibattito nazionale. Ad oggi il Giappone rimane l’unico paese assieme agli Stati Uniti, tra quelli dei G7, dove le pena capitale è ancora in vigore, e in un recente sondaggio governativo quasi il 90% degli intervistati ha definito il sistema utile alla sicurezza dei cittadini, contro appena il 10% di contrari. Attualmente nelle carceri nipponiche ci sono 107 persone nel braccio della morte, con una età media di 59 anni e un periodo detentivo in media di 13 anni.

Segnali di dissenso sono stati formulati dall‘associazione degli avvocati, tramite il rappresentante Tadashi Ara, che ha ricordato anche la pratica considerata ’incostituzionale’, di non consentire ai detenuti di ricevere alcun preavviso sul giorno in cui verrà eseguita l’esecuzione.

Legge da rivedere

L’assenza di ogni forma di avvertimento, dicono i legali, non permette ai propri rappresentati di appellarsi contro l’ordine di esecuzione della sentenza, ed è crudele perché in questo modo i carcerati vivono all’ombra del boia per il resto della propria esistenza, pensando che ogni giorno potrebbe essere l’ultimo. A questo riguardo lo scorso mese era stata presentata una denuncia alla Corte distrettuale di Osaka, con una richiesta simbolica di un risarcimento pari a 22 milioni di yen (168.000 euro), per tentare di proteggere “la dignità umana di ogni persona, compresa quella dei condannati a morte”.

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