Estero

Hong Kong, nuova condanna per il magnate Jimmy Lai

Altri 13 mesi di reclusione. Pene detentive anche per altri attivisti pro-democrazia per la veglia del 2020 in ricordo delle vittime di Tienanmen.

Jimmy Lai
(Keystone)
13 dicembre 2021
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Pechino – La Corte distrettuale di Hong Kong non fa sconti al magnate dei media pro-democrazia Jimmy Lai, condannandolo a ulteriori 13 mesi di reclusione per “incitamento alla partecipare” ad una manifestazione non autorizzata: la veglia del 2020 in ricordo della repressione di Piazza Tienanmen. La giudice Amanda Woodcok ha deciso pene detentive, tra i 4 mesi e mezzo fino ad un massimo di 14 mesi, a carico del tycoon e di altri 7 attivisti pro-democrazia, tutti riconosciuti responsabili a vario titolo “dell’organizzazione, la partecipazione o l’incitamento alla partecipazione” all’appuntamento che per trent’anni si è tenuto al Victoria Park. Appuntamento che, dopo le violenti proteste nella città del 2019, la polizia non ha autorizzato l’anno successivo, ufficialmente per la pandemia del Covid-19.

“Se commemorare coloro che sono morti per la giustizia è un crimine, allora attribuitemi quel crimine e lasciatemi subire la punizione in modo che io possa condividere il peso della gloria di quei giovani uomini e donne che hanno versato il loro sangue il 4 giugno”, ha affermato il magnate 74enne, in un appello alla Corte contenuto in una lettera letta durante l’udienza dal suo legale, Robert Pang.

Tra gli imputati c’erano anche gli ex deputati Leung Yiu-chung e Wu Chi-wai, l’attivista Gwyneth Ho e Chow Hang-tung, noto avvocato per i diritti nonché la vicepresidente dell’Alleanza per Hong Kong, l’associazione titolare della veglia costretta allo scioglimento a settembre. Tutti si erano dichiarati colpevoli a novembre, ad eccezione di Lai, Chow e Ho, gli unici a essersi sottoposti alla fase dibattimentale. Ho è stata condannata per aver preso parte alla veglia e Chow per incitamento e partecipazione.

Punzioni ‘dissuasive’

La giudice Woodcock, alla lettura del dispositivo, ha spiegato che c’era bisogno di punizioni “dissuasive” poiché vari imputati avevano commesso il reato mentre erano in libertà vigilata. E altri, tra cui Lai, sono già in carcere per pene detentive legate a manifestazioni non autorizzate nel 2019. Sul tycoon e Chow pendono i procedimenti sulla violazione della legge sulla sicurezza nazionale con il rischio dell’ergastolo.

Per decenni, l’ex colonia britannica (con Macao) è stata tra i pochi luoghi in Cina in cui sono state tollerate le iniziative per commemorare gli eventi di Piazza Tienanmen del 1989, dove centinaia - se non migliaia di studenti - morirono quando l’Esercito popolare di liberazione fu schierato per reprimere le proteste, ponendo fine a mesi di manifestazioni a sostegno di riforme e democrazia.

La Cina dopo le proteste del 2019 è diventata insofferente e ha rafforzato la presa sul Hong Kong, imponendo a fine giugno 2020 la legge sulla sicurezza nazionale per stroncare il dissenso. Le stesse elezioni del 19 dicembre per rinnovare il parlamentino locale sono blindate a favore del fronte pro-Pechino grazie alla profonda revisione del sistema elettorale che affida in via esclusiva la gestione della città soltanto ai ‘patrioti’.

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