stati uniti

La Corte Suprema Usa verso una stretta sull’aborto

La maggioranza conservatrice pronta a porre nuovi limiti dopo 50 anni. Biden contrario: ‘Sono per la libertà di scelta’

Manifestazione anti-aborto a Washington (Keystone)
1 dicembre 2021
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Si riaccende in America la battaglia per l’aborto. La Corte Suprema, a maggioranza conservatrice, sembra orientata a porre nuovi limiti ai diritti delle donne e a sostenere la legge dello Stato del Mississippi che vieta l’interruzione della gravidanza dopo 15 settimane. Mettendo così in discussione la storica sentenza ‘Roe v. Wade’ che nel 1973 legalizzò l’aborto nel Paese facendo da apripista per gran parte del resto del mondo. L’udienza nel corso della quale sono state ascoltate le argomentazioni delle parti, durata due ore, è stata seguita da una folla di centinaia e centinaia di persone radunatesi davanti alla sede della Corte, con un tifo da stadio che ha visto contrapporsi esponenti delle associazioni per la difesa dei diritti civili e attivisti pro-life.

Un clima teso che lascia presagire una nuova stagione di scontro sociale negli Stati Uniti. Un clima che è facile prevedere sarà esacerbato dalla prossima campagna elettorale per le elezioni politiche di metà mandato che si svolgeranno il prossimo novembre, con il pronunciamento dell’Alta Corte atteso non prima del giugno 2022.

L’ombra di Trump

Dentro il palazzo sembrerebbe prevalsa la linea dei giudici costituzionali di nomina repubblicana, tre dei quali scelti dall’ex presidente Donald Trump, mentre Joe Biden ha ribadito il suo fermo sostegno ai diritti delle donne acquisiti e consolidatisi nel corso dei decenni. Una posizione pro-aborto che di recente lo ha messo in rotta di collisione anche con i cattolici americani, pur incassando le parole di Papa Francesco secondo cui la comunione non va negata a chi si schiera per l’interruzione della gravidanza.


Deputate e senatrici pro-aborto durante una manifestazione (Keystone)

Ma il fronte dei conservatori in seno alla Corte Suprema non è un monolite, con i falchi Amy Coney Barrett, Clarence Thomas, Samuel Alito e Neil Gorsuch propensi a smantellare l’iconica sentenza del ’73 e i più moderati John Roberts e Brett Kavanaugh più prudenti, favorevoli a non andare oltre il via libera alla legge del Mississippi. Quest’ultima prevede il divieto di aborto oltre le 15 settimane anche in caso di stupro e incesto. Più restrittivo è solo il bando varato dal Texas, che vieta l’aborto dopo sei settimane, al primo battito del feto. “Negli ultimi 50 anni la marcia del progresso nei posti di lavoro rende ormai i diritti sull’aborto non necessari, superflui, visto che oggi per le donne è molto più facile combinare famiglia e lavoro, vita professionale e vita privata”, la tesi portata davanti alla Corte dai rappresentanti legali del Mississippi, secondo i quali va anche considerato come “i progressi scientifici rendano oramai possibile che un feto sopravviva fuori dal grembo materno molto prima”.

Tempi lunghi

Per i sostenitori della stretta, infine, devono essere i singoli Stati Usa a decidere su materie come questa, e non dei giudici costituzionali che non sono eletti e, dunque, non rappresentano la volontà del popolo. Una tesi sostenuta anche dall’ex vicepresidente Mike Pence, che è tornato a definire la Roe v. Wade “una sentenza sbagliata che ha colpito milioni di bambini mai nati”. Durissimo l’intervento della giudice di nomina democratica Sonia Sotomayor, che ha puntato il dito contro chi vuole politicizzare e ridurre solo a una dimensione legata alla fede religiosa un tema come l’aborto, a danno di milioni di donne e del loro diritto di scegliere, soprattutto all’interno delle fasce e delle comunità più disagiate della popolazione.

Ora i saggi della Corte si riuniranno nei prossimi giorni in forma privata per esprimere un voto preliminare da cui scaturiranno un’opinione maggioritaria e le dichiarazioni sui distinguo e di dissenso. Ma la decisione finale non dovrebbe arrivare prima del giugno-luglio del 2022.

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