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‘Pronti alla guerra dei fondali marini’

L’esperto militare Martinelli di Analisi difesa: ‘I sottomarini nucleari perfetti per sabotaggi e spionaggio, la guerra ora si fa anche in fondo agli oceani’

Un sottomarino nucleare russo (Keystone)
20 settembre 2021
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Spaventare la Cina, spiare la Cina (e, perché no, anche tutti gli altri), accerchiare la Cina e - soprattutto - farsi trovare pronti per quella che é la nuova frontiera dello spionaggio, il fondo del mare: è questo il vero significato dell’annuncio congiunto di Stati Uniti, Regno Unito e Australia arrivato nella notte tra mercoledì e giovedì del patto di difesa per il Pacifico chiamato Aukus. Una conferenza stampa virtuale in pompa magna, con il presidente degli Stati Uniti a fare da grande cerimoniere per lo sviluppo di sottomarini a propulsione nucleare da parte dell’Australia, un Paese marginale sullo scacchiere occidentale, che - se avesse annunciato da solo quel che aveva intenzione di fare - difficilmente avrebbe interessato qualcuno a queste latitudini.

A decifrare cosa c’è davvero dietro a quell’annuncio è Giovanni Martinelli, esperto di temi navali e giornalista del magazine Analisi Difesa: “È chiaro che quello sia stato innanzitutto un forte messaggio politico diretto ai cinesi, anche se i cinesi non li ha citati espressamente nessuno. La chiave geopolitica è predominante: l’Australia, con questo accordo stipulato con Usa e Regno Unito, rafforza i legami con la più grande potenza del pianeta e con il padre nobile con cui i rapporti sono lontani, ma sempre solidi trattandosi di Commonwealth. E gli Usa fanno capire di tenere gli occhi bene aperti nel Pacifico”.

Le motivazioni

Nessun’arma nucleare a bordo, ripetono gli interessati, tuttavia la scelta di un sottomarino nucleare ha motivi pratici oltre che diplomatici: “Ha capacità più elevate rispetto a quelli a propulsione convenzionale. L’autonomia nel primo caso è praticamente infinita, perché un sottomarino nucleare può restare settimane in immersione e operare con grande autonomia e indipendenza, senza aver bisogno di basi logistiche o unità di rifornimento. Un vantaggio enorme rispetto a un sottomarino convenzionale, che funziona un po’ come un grande telefonino, che ha batterie che si scaricano. L’Australia ne ha bisogno perché vuole e deve operare in un Oceano vasto come il Pacifico, a differenza di Paesi europei come Francia e Italia che operano principalmente in un bacino d’acqua ristretto come il Mediterraneo con altre esigenze”.


Sottomarino nucleare britannico (Keystone)

C’è anche un problema sicurezza, ovviamente, sottolinea Martinelli: “Per carità, i reattori sono talmente ben protetti che dovrebbero essere sicuri, ma sono i tempi di decadenza, enormi e lunghissimi il problema. Ora si fa finta che sia tutto a posto, ma i problemi che possono dare dopo decine e centinaia di anni i sottomarini affondati non lo sappiamo. E di sottomarini affondati ce ne sono, come di storie drammatiche rimaste impresse a tutti: “Inutile negare che un rischio incidenti esiste, un eventuale disastro è uno dei temi sul piatto, la storia abbastanza recente ci ha insegnato che il problema non va sottovalutato, ripensiamo alla vicenda del sottomarino russo Kursk”, in cui morirono tutti i 107 militari a bordo.

“L’Australia ha da sempre una politica molto rigida e restrittiva sul nucleare sia civile che militare – prosegue Martinelli –. Anche da questo punto di vista la scelta è significativa perché così facendo il Paese cambia le sue politiche fino a oggi. Il nucleare era visto come il demonio, oggi evidentemente non più”. E non solo in Australia: i sottomarini a propulsione nucleare non sono infatti una novità legata all’accordo Aukus, ma “stanno diventano molto diffusi in Stati Uniti e Russia, ma anche in Cina, India, Regno Unito e Francia. Un altro Paese che, sembra incredibile, ha in programma la costruzione del primo sottomarino a propulsione nucleare, è il Brasile.

ll rebus Pacifico

Nel Pacifico c’è anche la Corea del Sud che sta lavorando su questo. “E non è un caso che gli americani stiano tentando una grande alleanza che coinvolge Corea, Giappone e India in quella parte di mondo, tessendo una grande tela in grado di imbrigliare e contenere l’esuberanza di Pechino nell’area. Gli Usa hanno stabilito che la competizione tra Stati è la principale minaccia alla sicurezza nazionale, è chiaro che dovendo fare una scala di priorità è evidente che oggi la Cina per gli americani rappresentano la minaccia più importante. Pechino vuol diventare la prima potenza militare al mondo e ha progetti molto chiari in questo senso, inevitabile che gli Usa facciano questo passo”.

Biden durante l’annuncio e il premier australiano Scott Morrison sullo schermo (Keystone)

I numeri dei sottomarini nucleari già attivi o in fase di costruzione dimostra una tendenza chiara. “Gli Usa hanno circa 80 sottomarini a propulsione nucleare, la Russia ne ha alcune decine, lo stesso vale per Francia e Regno Unito. Queste flotte stanno aumentando e nel giro di pochi anni avremo in giro centinaia di sottomarini di questo tipo, che è un aspetto sul quale è il caso di riflettere – insiste Martinelli –. Dal punto di vista strettamente bellico i vantaggi sono talmente enormi, come abbiamo detto, che il sottomarino nucleare è molto allettante. Poi c’è la parte, perfino più importante legata allo spionaggio - continua l’esperto – in particolare i mezzi più moderni avendo a bordo molti sensori di diversi tipi e avendo la loro capacità di essere molto discreti, sono molto utilizzati in questa chiave, Il fatto di essere quasi invisibili li rende molto adatti in certi contesti.

Nuovi contesti

Quando Biden si riferisce a sicurezza tecnologica parla proprio di questo? “Certo, tra l’altro proprio in questi ultimi anni sta maturando la consapevolezza che esiste un teatro operativo molto particolare, lo chiamano Seabed Warfare, la guerra dei fondali marittimi. Lì oltre a passare oleodotti, gasdotti e cose di questo genere, passano moltissimi cavi di comunicazione come reti internet e telefoniche. Ci sono esperienze in questo senso, la Russia ad esempio ha già varato sottomarine e unità molto particolari adatte a questo scopo. Uno dei teatri operativi del futuro sar quello dei fondali marittimi, con un potenziale nemico che punta a interrompere le comunicazioni, sabotando o collegandosi a quel cavo sottomarino raccogliendo il traffico dati, o magari decidere di reciderlo tagliando le comunicazioni". Si è passati quindi dallo scudo spaziale ai fondali marini? “Più che altro si è aggiunto uno scenario in più, perché anche lo spazio resta un dominio operativo importante e uno non sostituisce l’altro. Questo più che altro aggiunge grande complessità ai futuri scenari bellici”.

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