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"Stato responsabile per la giornalista uccisa"

La reporter investigativa Daphne Caruana Galizia, vittima di un'autobomba il 26 ottobre 2017, "tradita dalle istituzioni del suo stesso Paese"

Manifestazione a Malta con le foto della giornalista (Keystone)
30 luglio 2021
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Daphne Caruana Galizia è stata tradita dalle istituzioni del suo stesso Paese. È stata esposta ai suoi nemici da un governo corrotto, i cui "tentacoli" sono arrivati fino ai vertici della polizia. Per questo, lo Stato maltese "dovrebbe assumersi la responsabilità dell'assassinio" della giornalista, uccisa con una bomba piazzata nella sua auto il 16 ottobre 2017 mentre portava alla luce le reti di corruzione dell'élite politica e imprenditoriale dell'isola.

Non lascia spazio a equivoci il verdetto del rapporto finale dell'inchiesta pubblica sulla vicenda della reporter assassinata, che sottolinea come sebbene non sia stata trovata la prova del coinvolgimento del governo nell'omicidio, l'ex primo ministro Joseph Muscat e il suo intero ex governo dovrebbero essere ritenuti collettivamente responsabili della loro inerzia nel periodo precedente all'assassinio.

Le scuse

Di fronte a queste conclusioni, il primo ministro Robert Abela si è pubblicamente scusato per "le mancanze dello Stato" che hanno contribuito all'omicidio. L'inchiesta pubblica era nata con l'obiettivo di stabilire se lo Stato avesse fatto tutto il possibile per proteggere Caruana Galizia e perseguire i responsabili dell'omicidio.

Condotta - dopo le fortissime pressioni del Consiglio d'Europa - da una commissione composta dagli ex presidenti del Tribunale Michael Mallia, Joseph Said Pullicino e Justice Abigail Lofaro, è durata quasi due anni, in cui sono stati chiamati a testimoniare in drammatiche audizioni anche l'ex premier Joseph Muscat, l'ex capo di gabinetto Keith Schembri e l'ex ministro dell'Energia e poi del Turismo Konrad Mizzi, l'unico che ha rifiutato di rispondere in aula. Ne è nato un rapporto di 437 pagine in cui i giudici hanno scritto che lo Stato "ha creato un'atmosfera di impunità, generata dai più alti livelli dell'amministrazione all'interno dell'Auberge de Castille (la sede del governo maltese alla Valletta), i cui tentacoli si sono diffusi nelle altre istituzioni, come la polizia e le authority regolatorie, portando al collasso dello stato di diritto".

Una situazione in cui La Valletta non ha preso provvedimenti per proteggere Caruana Galizia, e che si è trasformata in un "clima favorevole" per il suo assassinio, si legge nel rapporto che sottolinea come chiunque abbia pianificato e realizzato l'omicidio, lo ha fatto sapendo che sarebbe stato protetto da coloro che avevano interesse a mettere a tacere la giornalista.

Riconciliazione

Parlando in una conferenza stampa, il primo ministro Robert Abela ha invitato la famiglia Caruana Galizia a un incontro e ha affermato che il governo non esclude un risarcimento se necessario come parte di un processo di riconciliazione. "Sono stato nominato primo ministro dopo l'inizio dell'inchiesta pubblica sull'omicidio. Ma ora sono primo ministro e ora spetta a me scusarmi per le mancanze dello Stato", ha dichiarato.

L'ex premier Muscat, che si è dimesso nel gennaio 2020 come conseguenza dello scandalo, ha dichiarato su Facebook di "accettare le conclusioni" nonostante "le gravissime riserve sulle carenze dell'inchiesta".

I risultati dell'inchiesta "confermano la convinzione che la nostra famiglia ha tenuto dal momento in cui Daphne è stata assassinata: che il suo assassinio è stato il risultato diretto del crollo dello stato di diritto e dell'impunità che lo Stato ha fornito alla rete corrotta di cui stava dando conto", hanno commentato i familiari della giornalista, sottolineando la speranza che i risultati dell'inchiesta "portino al ripristino dello stato di diritto a Malta, a una protezione efficace per i giornalisti e alla fine dell'impunità di cui continuano a godere i funzionari corrotti indagati da Daphne".

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