Estero

Le purghe di Saied preoccupano la Tunisia

Il presidente caccia altri 20 funzionari. Il partito islamico moderato Ennahda è sotto inchiesta

Manifestanti e guardie all'ingresso del palazzo presidenziale a Tunisi (Keystone)
28 luglio 2021
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Mentre la vita quotidiana a Tunisi sembra scorrere come di consueto, tra traffico impazzito e gente che si affanna a fare compere, qualche mezzo militare protegge discretamente obiettivi sensibili e nei palazzi della politica l'atmosfera resta più che mai sospesa. Tutte le parti coinvolte infatti sono in attesa di una soluzione alla crisi aperta dal presidente Kais Saied che ha congelato domenica il parlamento per 30 giorni e cacciato il premier Mechichi. Il capo dello Stato ha dichiarato di "non volere vedere neanche una goccia di sangue" mentre il principale danneggiato, il partito islamico moderato Ennadha, ha lanciato un appello al dialogo, invitando i suoi sostenitori a evitare l'escalation.

Ma la tensione tra gli opposti schieramenti rimane altissima e si intensifica il pressing internazionale: oggi è stata la Francia, per bocca del ministro degli Esteri Jean-Yves Le Drian, a chiedere di "nominare rapidamente" un nuovo primo ministro, "preservare lo stato di diritto e consentire un rapido ritorno al normale funzionamento delle istituzioni democratiche". Saied, che da domenica ha assunto anche le funzioni di capo del governo, forte del consenso popolare e dell'avvallo del potente sindacato Ugtt (oltre che dell'esercito), per tutta risposta oggi ha silurato per decreto anche una ventina di alti funzionari governativi e il procuratore generale militare Taoufik Ayouni.

Democrazia a rischio

L'operazione ha tutta l'aria di essere una purga, seppur in versione light, e un'interpretazione in tal senso viene rafforzata dall'annuncio dell'apertura da parte della magistratura di un'indagine nei confronti di esponenti di Ennhadha e del suo alleato modernista Qalb Tounes per "finanziamenti esteri illegali" per le loro campagne elettorali. Ma la via giudiziaria - che consentirebbe secondo il professore di diritto costituzionale Rabeh Khraifi di sciogliere definitivamente il parlamento una volta dimostrato il finanziamento illegittimo - resta una strada pericolosa per tutti. Nelle ultime ore infatti è stata perquisita l'abitazione di un parlamentare del partito islamista Al Karama, Rached Kiari, ricercato da tempo dalla giustizia militare per aver dichiarato mesi fa di essere in possesso di documenti che proverebbero finanziamenti illeciti ricevuti a sua volta da Saied.

La questione del rispetto dei principi democratici, oltre che alla comunità internazionale, resta al centro delle preoccupazioni di Ennahdha che, continuando a definire la mossa di Saied "un golpe", ha tuttavia affermato che "per il bene del percorso democratico" sarebbe "anche pronto ad andare ad elezioni legislative e presidenziali anticipate", chiedendo tuttavia "che qualsiasi ritardo non sia usato come pretesto per mantenere in piedi un regime autocratico".

Anche i principali gruppi della società civile mettono in guardia contro qualsiasi estensione "illegittima" della sospensione di 30 giorni del parlamento e chiedono, in una dichiarazione congiunta, una tabella di marcia per l'azione politica. Mentre l'Italia è scesa in campo come parte attiva di un "coordinamento europeo" assieme a Francia, Germania e Spagna, i commentatori locali preferiscono guardare all'Egitto, che stranamente non ha ancora commentato le decisioni di Saied. "Non è un mistero che il rapporto tra Saied e il presidente egiziano Al Sisi si sia ravvivato dopo la sua visita al Cairo di qualche mese fa", ha scritto il giornalista Kamel Zaiem, evocando così un possibile patto con Sisi per sbarazzarsi degli islamici di Ennahdha al governo a Tunisi.

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