Estero

Ventisei anni dopo, Srebrenica è una ferita ancora aperta

Il genocidio continua a dividere la Bosnia-Erzegovina. Sepolti i resti di altre 19 vittime. Assenti i serbi negazionisti.

Al cimitero di Potocari
(Keystone)
11 luglio 2021
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Sarajevo – A 26 anni dal genocidio di Srebrenica, quello che è ritenuto il peggior massacro di civili in Europa dopo la seconda guerra mondiale continua a dividere la Bosnia-Erzegovina e ad alimentare polemiche e contrapposizioni nella vicina Serbia e nel resto della regione. In migliaia hanno assistito oggi al cimitero-memoriale di Potocari, alle porte di Srebrenica, alle cerimonie commemorative per gli 8mila bosniaci musulmani trucidati in pochi giorni fra l'11 e il 19 luglio 1995 dalle forze serbo-bosniache al comando del generale Ratko Mladic, condannato un mese fa definitivamente all'ergastolo dai giudici dell'Aja.

Un eccidio quello di Srebrenica definito genocidio dalla giustizia internazionale, termine questo tuttavia che serbi e serbo-bosniaci continuano a contestare. A loro avviso nella cittadina orientale bosniaca furono senz'altro perpetrati atroci crimini ma nessun genocidio, e di tali crimini, affermano, la responsabilità non è del popolo serbo ma di singoli individui, che per questo vanno giudicati e condannati.

Negazionismo

Ancora oggi Milorad Dodik, leader politico dei serbi di Bosnia e membro serbo della presidenza tripartita bosniaca, ha negato apertamente il genocidio a Srebrenica che a suo avviso non ha alcun fondamento concreto e si basa soltanto su falsificazioni storiche a sostegno della componente musulmana di Bosnia e per criminalizzare e mettere in cattiva luce la Serbia e i serbo-bosniaci.

I serbi al tempo stesso lamentano il silenzio dei musulmani bosniaci, dell'Occidente e di gran parte della comunità internazionale sui crimini compiuti negli anni Novanta contro i serbi, uccisi e massacrati a migliaia non solo nel conflitto armato in Bosnia ma anche in quelli in Croazia e Kosovo, le cui conseguenze furono inoltre centinaia di migliaia di profughi serbi cacciati e espulsi dalle loro case.

Lutto e condanna 

Come avviene di regola ogni 11 luglio, al cimitero di Potocari anche oggi sono stati tumulati i resti, quest'anno 19, delle vittime di Srebrenica identificate negli ultimi 12 mesi. Fra loro due minorenni che avevano allora 16 e 17 anni, e una giovane donna 24enne. Con quelle di oggi, sono 6.671 le vittime sepolte a Potocari, dove chiunque vada resta impietrito e impressionato dal mare di stele bianche, a testimoniare il dolore immenso e senza fine di chi ha perso i propri cari per la follia fratricida scatenatasi nel pieno della dissoluzione della ex Jugoslavia.

In tanti oggi a Potocari, dove sono intervenuti sia in presenza sia in videocollegamento politici locali, esponenti internazionali e rappresentanti della società civile, hanno condannato la negazione del genocidio e la glorificazione dei criminali di guerra, fenomeni che caratterizzano ancora buona parte della società in Serbia e Republika Srpska, l'entità a maggioranza serba di Bosnia-Erzegovina.

A inviare messaggi video con parole di condanna del massacro di 26 anni fa sono stati tra gli altri il presidente del consiglio Ue Charles Michel, il commissario all'allargamento Oliver Varhelyi, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, il presidente croato Zoran Milanovic, Carmel Agius, presidente del Meccanismo residuale che è subentrato al Tribunale penale internazionale dell'Aja (Tpi).

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