Estero

Ue, il caso Orbán segna la spaccatura est-ovest

Macron: "L'illiberalismo degli ex comunisti è contrario ai nostri valori’

Orbán al Consiglio europeo (Keystone)
25 giugno 2021
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Il caso Orban scuote l'Europa e riporta con prepotenza alla ribalta una problematica che in questi ultimi anni ha assunto varie forme ma il cui risultato è sempre lo stesso: una frattura politica e socioculturale che separa i Paesi occidentali da quelli ex comunisti, in particolare dall'Ungheria e dalla Polonia e, in misura minore, dagli altri soci del gruppo di Visegrad, cioè la Repubblica Ceca e la Slovacchia. "Il problema non è solo Orban, è più profondo: c'è un aumento dell'illiberalismo nelle società post-comuniste che hanno raggiunto l'Ue e che sono attirate da modelli politici che sono contrari ai nostri valori", ha sottolineato il presidente francese Emmanuel Macron al termine di un summit europeo dominato dai problemi nei rapporti con l'Ungheria e la Russia.

In effetti, secondo molti osservatori, la legge anti-gay ungherese è stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. Un contenitore che fin dal 2017 ha cominciato a riempirsi di azioni contrarie ai principi dell'Unione. E che ha portato all'avvio della procedura (ancora aperta) prevista dall'articolo 7 del Trattato per punire, anche con la sospensione del diritto di voto, chi si rende responsabile di gravi violazioni dei valori fondanti dell'Unione. La prima a finire nel mirino dell'Ue è stata la Polonia in seguito a una riforma della magistratura che, secondo Bruxelles, ne avrebbe minato l'indipendenza. Poi, per lo stesso motivo, è toccato all'Ungheria finire sotto la lente Ue. In questo caso con l'aggiunta di problemi sul fronte della libertà di espressione, rispetto dei diritti delle minoranze e trattamento di migranti e rifugiati. Ma in questi anni ci sono state anche restrizioni dei diritti civili, ad esempio al diritto all'aborto in Polonia, che sono andate nella direzione opposta a quella imboccata dalla maggioranza degli altri Paesi. Per non parlare della indisponibilità sempre mostrata dal gruppo di Visegrad a collaborare con il resto dell'Ue per una gestione del fenomeno dell'immigrazione all'insegna della solidarietà e della responsabilità.

Le scintille sprigionate a Bruxelles dallo scontro senza precedenti tra Orban da una parte e quasi tutti gli altri leader Ue dall'altra sono quindi il risultato di una situazione che ha subito un lento ma progressivo logoramento. Alimentato anche dalle alleanza politiche a geometrie variabili che hanno unito sovranisti e populisti di diversi Paesi (vedi l'asse Salvini-Orban-Le Pen) in contrapposizione alle forze più moderate ed europeiste. "Nell'Ue non c'è posto per chi non ne condivide i valori", hanno sottolineato molti leader durante la due giorni di Bruxelles. Ma nessuno crede per ora che quella della 'Unghexit' sia un'ipotesi credibile. "Abbiamo previsto altre mosse" contro l'Ungheria, ha detto la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. "Ma prima vediamo quale sarà la risposta di Budapest" alle lettera-ultimatum sulla procedura d'infrazione che le è già stata recapitata.

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