Estero

Addio all’ultimo liberatore di Auschwitz

David Dushman, ebreo nato a Danzica, è morto a 98 anni: sfondò il recinto con un T-34 dell’Armata Rossa

David Dushman aveva 98 anni (Keystone)
7 giugno 2021
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È il primo pomeriggio del 27 aprile 1945: una Divisione fucilieri della 60esima Armata rossa avanza verso il campo nazista di Auschwitz-Birkenau. Tra i soldati, reduci dalle tremende battaglie di Stalingrado e Kursk, c'è un 21enne di origine ebraica nato a Danzica, David Dushman. È a bordo del leggendario T-34 sovietico che ha sbaragliato le difese naziste: punta la rete di recinzione elettrificata che circonda il campo e la abbatte, aprendo la strada ai suoi compagni.

I sovietici, interdetti dall'assenza di nazisti, si ritrovano circondati dai prigionieri, che li abbracciano, li baciano, si buttano ai loro piedi in lacrime. Sono emaciati, malati, sembrano fantasmi. "Scheletri ovunque, uscirono dalle baracche e si misero seduti accanto ai morti. È stato terribile", ricordava qualche anno fa Dushman, morto a 98 anni a Monaco, in Germania. Era l'ultimo sopravvissuto di quei soldati che liberarono Auschwitz.

"Ci abbracciarono, ci diedero dei biscotti e cioccolato: non eravamo solo affamati di cibo, eravamo affamati di gentilezza umana", ha ricordato Eva Mozes Mor, che aveva 10 anni quando scorse dall'altra parte della recinzione i sovietici. Con lei, vittima degli esperimenti nel campo di Josef Mengele, altre centinaia di bambini, e un totale di 7 mila prigionieri nei vari siti della struttura. Altre migliaia di persone erano state costrette alle 'marce della morte' con le divisioni naziste in fuga verso le zone ancora controllate dal Reich. Chi era considerato un peso veniva ucciso sul posto o lasciato al proprio destino di morte. In quei campi, dal 1940, erano state sterminate oltre un milione di persone, in gran parte ebrei.

I sovietici trovarono montagne di cadaveri, 44 mila paia di scarpe, magazzini zeppi di abiti. Ma soprattutto pile di cenere che solo successivamente capiranno essere i resti di migliaia e migliaia di corpi cremati nei famigerati forni. Quel 27 aprile del 1945 "non avevamo idea di quale orrore avessimo scoperto", raccontava Dushman, che capì solo anni dopo di aver segnato la Storia spingendo in avanti i cingoli del carro armato. Veterano di mille battaglie - fu uno dei 69 soldati sui 12 mila della sua Divisione a sopravvivere alla guerra - Dushman è poi entrato nella leggenda dello sport, allenatore per decenni della squadra olimpica sovietica di scherma femminile. Nel '72 alle Olimpiadi di Monaco rivisse l'orrore della guerra: "Sentimmo gli spari, poi gli elicotteri che sorvolavano l'area, fummo inorriditi". La squadra sovietica era alloggiata di fronte a quella israeliana, obiettivo dell'attacco terroristico di otto palestinesi del Settembre Nero.

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