Estero

Le mani di Erdogan sulla Libia

Accordi su petrolio e infrastrutture, il Sultano turco si prende la ricostruzione del Paese nordafricano

Il presidente turco Erdogan (Keystone)
12 aprile 2021
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Petrolio e gas naturale, investimenti su edilizia e infrastrutture, rilancio dei servizi bancari e sanitari. Dopo aver blindato Tripoli dall'assalto del generale della Cirenaica Khalifa Haftar, la Turchia si prepara a mettere le mani sulla ricostruzione della Libia. Accogliendo per la prima volta nel suo palazzo di Ankara il nuovo premier Abdelhamid Dbeibah, il presidente Recep Tayyip Erdogan lancia la fase 2 della sua campagna in Nordafrica, puntando a scavalcare i competitor regionali. Una sfida anche all'Italia, mentre la diplomazia cerca ancora di ricucire lo strappo delle dichiarazioni del premier Mario Draghi.

Dopo l'impegno militare - pienamente riconfermato nei colloqui  -, per la Turchia è il momento di raccogliere i dividendi economici della partita, aperta un anno e mezzo fa con gli accordi di cooperazione strategica siglati con l'allora primo ministro Fayez al-Sarraj. Ad Ankara si è di fatto trasferito per due giorni l'interno governo di Tripoli: con Dbeibah sono sbarcati 14 ministri, 5 vicepremier, il capo di stato maggiore, generale Mohammed al-Haddad, e una sfilza di alti funzionari, ciascuno impegnato in colloqui con le controparti per definire nel dettaglio le intese sui singoli capitoli, mentre domani sarà la volta degli incontri con il mondo imprenditoriale turco, ansioso di riprendere le commesse miliardarie interrotte dalla guerra e pronto a coglierne di nuove.

L'intesa

Intanto, Erdogan ha già incassato la conferma del memorandum d'intesa siglato a fine del 2019 sulla demarcazione dei confini marittimi nel Mediterraneo - fortemente contestato dagli altri attori della regione, dalla Grecia all'Egitto - che ha rappresentato la sponda chiave per le ambizioni turche sulle risorse energetiche contese.

I nuovi accordi bilaterali siglati sono formalmente cinque, ma gli ambiti di cooperazione appaiono destinati ad allargarsi ancora. A partire dall'impegno diplomatico, con la promessa riapertura del consolato a Bengasi, e dal supporto militare a 360 gradi, ribadito dal ministro della Difesa turco Hulusi Akar, a dispetto degli appelli della comunità internazionale - e ufficialmente dello stesso esecutivo tripolino - al ritiro delle forze straniere. "Il nostro sostegno alla Libia ha impedito la caduta di Tripoli, evitato nuovi massacri e mantenuto il cessate il fuoco", ha scandito Erdogan, assicurando il "supporto turco nella ricostruzione della struttura militare" libica perché "ora la priorità è di estendere all'intero Paese la sovranità del governo di unità nazionale".

I faccia a faccia hanno coinvolto i ministri del Commercio - già nel 2020 l'interscambio è tornato ai 3,6 miliardi del 2013 - e delle Finanze, dell'Energia e dello Sviluppo Urbano. Non c'è settore trascurato dalla nuova partnership formalizzata dal nuovo Consiglio di cooperazione strategica bilaterale, che alla prossima occasione si riunirà a Tripoli. E la nuova frontiera sarà la sanità, con la Turchia pronta a inviare 150 mila dosi di vaccino e gestire un ospedale dedicato all'emergenza Covid.

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