Estero

Il passaporto vaccinale ha 120 anni. Ma per Covid è difficile

Risale al 1897 e fu introdotto per scongiurare la diffusione della peste. Già allora suscitò ampie discussioni

Ti-Press
11 aprile 2021
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Il dibattito in corso in tutto il mondo sul “passaporto vaccinale”, che dovrebbe permettere di tornare alla normalità per chi è immunizzato contro il Covid, è tutt'altro che moderno. La prima applicazione di questo “lasciapassare” risale al 1897, ricorda Sanjoy Bhattacharya direttore del Collaborating Center for Global Heath Histories dell'Oms, e già all'epoca c'erano state difficoltà che ritornano anche oggi.

Alla fine del diciannovesimo secolo, spiega Bhattacharya in un'intervista al sito della tv pubblica Usa Npr, uno scienziato di Odessa, in Russia, Waldemar Haffkine, aveva sviluppato un vaccino per la peste.

Una volta entrato in uso nelle colonie britanniche indiane, iniziarono le discussioni sull'opportunità di chiedere una prova della vaccinazione in alcune circostanze, in particolare nei siti meta di pellegrinaggi, dove la densità della popolazione poteva far esplodere dei focolai. “Un buon esempio – spiega Bhattacharya, che insegna storia all'università di York – fu l'annuale pellegrinaggio nella città di Pandharpur, nella provincia coloniale di Bombay. Le autorità decisero di rendere obbligatoria una prova della vaccinazione per i pellegrini, ma solo dopo un negoziato di un anno tra il governo, le compagnie ferroviarie, il settore alberghiero, i rappresentanti dei pellegrini e le autorità religiose”.

L'insegnamento, afferma l'esperto, è valido anche oggi. “Nessuna autorità mondiale può da sola richiedere questo tipo di requisito – spiega –. Può solo arrivare dopo un'intensa discussione tra tutte le parti in causa”.

Più o meno nello stesso periodo rispetto al vaccino per la peste le stesse discussioni venivano fatte per quello per il vaiolo. “Quando c'erano epidemie nel sud dell'Asia le persone non erano autorizzate a imbarcarsi sulle navi senza il certificato vaccinale emesso dai centri gestiti dal governo – racconta ancora l'esperto –. Questo problema è stato considerato ancora più urgente nella seconda metà del ventesimo secolo, dopo l'introduzione dei viaggi aerei, con l'isolamento forzato di tutti i passeggeri sospettati di avere una documentazione dubbia”.

Al momento l'unico “passaporto vaccinale” previsto dalle International Health Regulations dell'Oms è quello per la febbre gialla, che alcuni paesi richiedono come condizione per l'ingresso, mentre in alcune zone di Afghanistan e Pakistan si può circolare solo con una prova della vaccinazione antipolio. La discussione su un passaporto legato al Covid è in corso però in tutto il mondo, anche se per ora l'Oms in un “position paper” pubblicato a febbraio e reiterato anche in seguito si è espressa contro la sua introduzione per i viaggi internazionali. “La posizione è comprensibile – commenta Chris Beyrer della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health – perché ci sono ancora Paesi che devono somministrare una singola dose. E in questa situazione è possibile che delle persone senza certificato potrebbero non poter andare a scuola o cercare lavoro in altri paesi”.
 
 

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