Estero

‘Napoleone? Più schiavista del re’

Le accuse in vista del bicentenario della morte dell'imperatore da parte della Fondation pour la Mémoire de l'Esclavage

12 marzo 2021
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Era quasi inevitabile. Mentre la Francia si appresta a celebrare il bicentenario della morte di Napoleone, oltralpe si moltiplicano le polemiche rispetto ad una figura imprescindibile per la storia francese ed europea. L'ultima bordata arriva dalla Fondation pour la Mémoire de l'Esclavage, che lo accusa di aver ripristinato nel 1802 la schiavitù abolita dalla Rivoluzione del 1789. Secondo l'organismo parigino diretto dall'ex premier Jean-Marc Ayrault, l'imperatore lasciò che venisse instaurato un regime coloniale addirittura più segregazionista rispetto a quello vigente ai tempi della monarchia assoluta.

"Napoleone ha agito come ha fatto per tutto il resto, senza affetto, senza morale", ha deplorato Ayrault basandosi su una ricerca storica realizzata per l'occasione. "Questa decisione - prosegue l'ex sindaco di Nantes a capo del governo durante il mandato di François Hollande - non è stata un incidente di percorso ma si iscrive nella pratica del potere e nella sua ambizione imperiale". Intitolata 'Napoléon colonial - 1802, le rétablissement de l'esclavage', il documento trasmesso alla France Presse e redatto da quattro storici (Marcel Dorigny, Bernard Gabin, Malick Ghachem e Frédéric Régent) mostra come il ripristino della schiavitù fosse iscritta nella politica coloniale americana di Bonaparte, che sognava di fare del Golfo del Messico "un mare francese". Per i neri, il provvedimento prevede un ritorno a un regime addirittura più duro rispetto a quello dell'Ancien Régime. "Napoleone vuole ampliare l'impero coloniale francese: è il suo sogno americano. Per lui, il ripristino della schiavitù è solo un mezzo al servizio di questo sogno coloniale", si legge nel documento. Napoleone è al tempo stesso tra i personaggi preferiti dai francesi e figura controversa per la sua azione durante i quindici anni in cui ha esercitato il potere, tra il 1799 e il 1815. In Francia l'opportunità di celebrare o meno il bicentenario della morte dell'imperatore suscita dibattito.

L'altro ieri, il portavoce del governo Gabriel Attal ha fatto sapere che il presidente Emmanuel Macron intende celebrare il 5 maggio prossimo i 200 anni dalla scomparsa, aggiungendo che si tratta in ogni caso di "una figura maggiore della nostra storia", che bisogna guardare "in faccia", con "gli occhi spalancati", "inclusi quei momenti che possono essere stati difficili" e per "scelte che appaiono oggi contestabili". Domenica scorsa, ad esempio, la ministra incaricata per le Pari Opportunità Elisabeth Moreno ha criticato l'imperatore dicendo, tra l'altro, che è stato "tra i più grandi misogini" e per aver "ripristinato la schiavitù", pur riconoscendo che si tratta di un "grande uomo della storia francese". Alla Grande Halle de la Villette di Parigi è prevista una mostra a lui consacrata tra il 14 aprile e il 19 settembre, Covid permettendo. L'ambizione è "fare un giusto ritratto di un personaggio affascinante che ha modellato la Francia contemporanea", dichiarano gli organizzatori, tra cui la Réunion des musées nationaux. Appuntamenti previsti anche ad Ajaccio, in Corsica, città di nascita di Napoleone, tra cui una ricostruzione in costume del rimpatrio delle sue ceneri da Sant'Elena a Parigi, nel 1840.

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