Estero

Il Papa: dopo mesi di 'prigione', il viaggio per me è rivivere

Papa Francesco è tornato in Vaticano dalla storica visita in Iraq. 'Mi sento diverso lontano dalla gente ma seguo le norme delle autorità, sono responsabili'

(Keystone)
8 marzo 2021
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Un viaggio storico, che sembrava impossibile, e che ha portato consolazione e speranza ad una terra ferita dove, da generazioni, si vive tra guerre e attentati. Papa Francesco è tornato in Vaticano dall'Iraq. E' stanco, più del solito, come lui stesso ha ammesso. Ma profondamente grato di aver potuto realizzare questo sogno che coltivava da anni. Il mondo ha guardato al coraggio di questo anziano Pontefice che ad 84 anni ha deciso di fare quello che nessun potente della terra ha mai fatto.

Plaude il presidente degli Stati Uniti Joe Biden che la definisce "una visita storica" perché "ha inviato un messaggio importante: che la fraternità è più duratura del fratricidio, che la speranza è più potente della morte, che la pace è più potente della guerra".

"Vedere il Papa visitare antichi siti religiosi e Mosul, la città che solo pochi anni fa - sottolinea ancora Biden - era in mano alla intolleranza e alla malvagità di un gruppo come l'Isis, è un simbolo di speranza per il mondo intero". Ma a parlare di visita "molto positiva e molto importante" è anche il governo di Teheran. Commenti di una geopolitica che sembra cambiare pagina in quella zona difficile che è il Medio Oriente, proprio anche grazie ai gesti di questo Papa.

Il Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella evidenzia "le parole di consolazione e di speranza per i cristiani e per tutti i credenti" pronunciate dal Papa, come anche l'appello "al rispetto dei diritti umani, alla tutela delle minoranze e al riconoscimento della piena cittadinanza quali fondamenti per una pacifica convivenza civile e un proficuo dialogo interreligioso".

Il Papa si affaccia a parlare con i giornalisti dopo i lunghi quindici mesi di assenza di viaggi apostolici a causa del Covid-19. Il suo sorriso parla della gioia che questo viaggio gli ha dato ma anche della stanchezza per un "tour de force" di tre giorni in un Paese che aspettava un Papa da sempre, e comunque da almeno vent'anni, quando Giovanni Paolo II fu costretto a cancellare la visita a causa della guerra.

"Dopo questi mesi di 'prigione', questo è per me rivivere, toccare la Chiesa, toccare il santo popolo di Dio", ha detto spiegando che non vede l'ora di ritornare a fare incontri anche in Vaticano. "Mi sento diverso quando sono lontano dalla gente" ma "seguo le norme delle autorità, loro sono responsabili". E poi dice che per fare questo viaggio in Iraq, in piena pandemia, ha pregato Dio di "occuparsi della gente". "Ho pregato tanto e alla fine ho preso la decisione liberamente, ma che veniva dal profondo" e ho pensato: "Quello che mi fa decidere così si occupi della gente, e cosi ho preso la decisione dopo la preghiera, con la consapevolezza dei rischi".

Poi ripercorre la visita, parlando dell'incontro con la guida spirituale degli sciiti iracheni il Grande Ayatollah Al-Sistani, "un grande, un saggio, un uomo di Dio". Un incontro che mette un altro mattone nella costruzione della fratellanza umana. "Tante volte si deve rischiare per fare questo passo" e "ci sono alcune critiche: 'il Papa non è coraggioso, è un incosciente, sta facendo dei passi contro la dottrina cattolica, è a un passo dall'eresia'" ma "queste decisioni si prendono sempre in preghiera, in dialogo", "non sono un capriccio".

Parla di quello che ha provato nel vedere le rovine di Mosul e nel sentire il dolore per gli orrori dell'Isis subiti dai cristiani, dagli yazidi, e dalle altre minoranze, negli anni dell'Isis. "Non immaginavo le rovine di Mosul", è stato "toccante", "da non credere, la crudeltà umana". "Ma quello che più mi ha toccato è stata la testimonianza di una donna a Qaraqosh che nei primi bombardamenti del Daesh ha perso il figlio" e "lei ha detto una parola: perdono", "questo è Vangelo puro".

Nel giorno dell'8 marzo lancia un appello: "Dobbiamo lottare per la dignità delle donne, sono coloro che portano avanti la storia".

I prossimi viaggi? Budapest a settembre, per la conclusione del Congresso eucaristico; forse nello stesso viaggio anche Bratislava. "Ho fatto la promessa di fare un viaggio in Libano", aggiunge. La sua Argentina? "Io voglio dirlo perché non si facciano fantasie di 'patriafobia': quando ci sarà l'opportunità si dovrà fare" il viaggio in Argentina, insieme anche ad Uruguay e Sud del Brasile. Ma ai giornalisti confida: "Vi confesso che in questo viaggio mi sono stancato molto di più che negli altri, gli 84 anni non vengono da soli, ma vedremo".

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