Italia

Tre società del Varesotto sequestrate in indagine antimafia

Fanno parte delle 17 coinvolte dall'operazione "Follow the money" contro i clan della provincia di Catania. Sequestrati beni per oltre 50 milioni di euro

(Ti-Press)
11 febbraio 2021
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Ci sono anche tre società nel Varesotto fra le 17 coinvolte nell'operazione "Follow the Money" lanciata ieri dalla Direzione distrettuale antimafia di Catania e condotta sul campo dal nucleo di Polizia economico-finanziaria (Pef) della città etnea. Lo riferisce oggi La Prealpina, che precisa che le tre aziende operano nell’ambito della logistica (gestione di magazzini), nel trasporto su gomma e nel commercio di carburante. Oltre che in Lombardia e in Sicilia, sede di partenza dell'inchiesta, sono state coinvolte anche società dislocate in Veneto.

L'operazione aveva come obiettivo principale il clan Scalisi di Adrano, grosso centro agricolo del Catanese, che aveva una "forte capacità di inserirsi nel tessuto economico-sociale e di infiltrarsi in strutture produttive nel territorio nazionale", con sedi, appunto, in Veneto e Lombardia dalle quali "traeva poi finanziamento".

Nell'ambito dell'operazione sono 26 indagate, cinque dei quali in carcere, e sono stati sequestrati beni per oltre 50 milioni di euro.

Sigilli sono stati posti a 17 società del settore dei trasporti con sedi a Catania ed Enna e di commercializzazione di prodotti petroliferi, olte che in provincia di Varese, anche Mantova e Verona, a 48 beni immobili tra terreni e appartamenti tra Catania e Messina, a conti correnti e a disponibilità finanziarie. Durante le perquisizioni la guardia di finanza italiana ha inoltre sequestrato oltre un milione di euro in contanti, orologi, preziosi e auto di lusso, comprese una Ferrari modello F458 del valore di 200 mila euro, due Porsche e un'Audi Q8.

Le indagini del Gruppo d'investigazione sulla criminalità organizzata del nucleo Pef di Catania hanno messo in luce l'ipotesi di reato di concorso esterno nell'associazione mafiosa per due imprenditori catanesi: Antonio Siverino, detto il "Miliardario" e il figlio Francesco. Secondo la Dda etnea, avrebbero "occultato" il patrimonio del boss Giuseppe Scarvaglieri "con plurime intestazioni fittizie di beni e società illecitamente acquisiti". Ottenendo un "incremento costante e considerevole di disponibilità economiche e finanziarie, derivanti da ingenti e illeciti apporti di capitale di attività criminali e sulla protezione del clan".

Grazie a questi contatti, accusa la Procura, i Siverino, che inizialmente operavano nel settore della logistica e dei trasporti soltanto nella zona di Adrano, "hanno progressivamente esteso sull'intero territorio nazionale le loro illecite attività imprenditoriali, gradualmente diversificandole e rilevando anche società operanti nel settore della commercializzazione dei prodotti petroliferi in Veneto e Lombardia". 

Dall'inchiesta della Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Catania è emerso peraltro che Scarviglieri,  sebbene detenuto in regime di 41bis, il cosiddetto "carcere duro", abbia "continuato a rappresentare il punto di riferimento dell'associazione criminale, dirigendo dalla prigione l'attività del clan e ciò grazie soprattutto al nipote, Salvatore Calcagno", tra gli arrestati, considerato "il portavoce dello zio e supervisore degli investimenti".

A tutti i 26 indagati è stato notificato dalla guardia di finanza un avviso di conclusione delle indagini preliminari emesso dalla Dda della Procura di Catania.

 

 

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