Estero

Trump cede e firma il pacchetto da 900 miliardi di dollari

Dietrofront del presidente uscente. Il partito repubblicano si oppone alla sua richiesta di aumentare gli aiuti diretti. Occhi puntati sulle elezioni in Georgia.

Ancora per poco
(Keystone)
28 dicembre 2020
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New York – Donald Trump fa un passo indietro e firma il provvedimento che stanzia 900 miliardi di dollari di stimoli all'economia ed evita lo shutdown. Dopo aver definito la misura una "vergogna" e minacciato il veto, il presidente cambia repentinamente idea e l'approva chiedendo comunque al Congresso di intervenire e aumentare a 2'000 dagli attuali 600 dollari gli aiuti diretti agli americani.

Una richiesta che sembra destinata a cadere nel vuoto con i repubblicani che, almeno pubblicamente, non mostrano alcuna intenzione di agire. Per il partito del presidente comunque la partita è molto rischiosa: il loro no a maggiori aiuti potrebbe pesare sull'esito delle elezioni in Georgia, che decideranno chi controllerà il Senato. I repubblicani hanno al momento 50 seggi e i democratici 48: se i due candidati liberal dovessero vincere ci sarebbe la parità con la vicepresidente Kamala Harris a fare la differenza a favore dei democratici. Per i conservatori insomma uno scenario da incubo visto che un Senato democratico si andrebbe a sommare a una Camera a maggioranza liberal e a una Casa Bianca democratica. Per mettere ulteriormente sotto pressione i repubblicani la speaker della Camera Nancy Pelosi si appresta a forzare la mano e proporre in aula, seguendo l'indicazione di Trump, una misura per portare a 2'000 dollari gli assegni destinati a ogni americano. Un'iniziativa già bocciata prima di Natale ma che Pelosi intende riproporre anche nel tentativo di influenzare il voto della Georgia.

Ma proprio la Speaker della Camera appare in difficoltà, con il Covid che minaccia il voto del 3 gennaio per la sua conferma alla guida della maggioranza. La votazione deve essere effettuata in persona e molti deputati sono costretti nei loro stati a causa della pandemia. Questo si aggiunge alla già più esigua maggioranza democratica alla camera. Il rischio è che non ci siano i voti sufficienti e che l'intero processo si trasformi in un nuovo caos dalla difficile soluzione a pochi giorni dall'insediamento di Joe Biden.

Soldi agli americani, per i vaccini, le imprese e l’istruzione

Oltre agli assegni diretti agli americani, il piano di aiuti firmato da Trump include lo stanziamento di miliardi per la distribuzione dei vaccini contro il Covid, per le piccole e medie imprese e per l'istruzione. Insomma una boccata di ossigeno per milioni di americani costretti a casa dalla pandemia e che ora rischiano il loro posto di lavoro.

Il provvedimento finanzia inoltre il governo fino a settembre, ed evita così uno shutdown doloroso in grado di complicare ancora di più il quadro per la prossima amministrazione Biden.

I democratici attaccano Trump per il ritardo nella firma e per le critiche mosse al provvedimento, dal quale si tiene alla larga da tempo. Il presidente ha infatti tenuto le distanze dalle trattative in Congresso, scaricando la responsabilità sul segretario al Tesoro Steven Mnuchin, uno dei suoi fedelissimi.

Il New York Post attacca Trump

Solo negli ultimi giorni ha mostrato interesse sulla misura contenuta in oltre 5'000 pagine che si è portato a Mar-a-Lago, in Florida, dove sta trascorrendo le vacanze di Natale. Fra un tweet sui brogli elettorali e una partita a golf, il presidente ha trovato il tempo di criticare l'iniziativa mettendo in difficoltà i repubblicani. E attirandosi le critiche anche di alcuni dei suoi sostenitori. Dopo averlo appoggiato solo due mesi fa il New York Post, uno dei quotidiani dell'impero di Rupert Murdoch, lo attacca: "È il momento di finirla con questa follia, hai perso le elezioni", scrive in prima pagina. L'attacco continua con l'accusa al presidente di "fare il tifo per un colpo di stato non democratico" e l'invito a "sfogare la sua furia" su qualcosa di più produttivo. Trump, secondo il New York Post, dovrebbe concentrarsi sul voto del 5 gennaio in Georgia e non sul 6 gennaio, quando il Congresso ratificherà il risultato delle elezioni di novembre. Un invito che il presidente probabilmente rifiuterà anche se in gioco c'è la sua eredità. La sconfitta al voto è infatti troppo scottante per Trump per cedere alle richieste di smetterla con i brogli, anche se arrivano da chi lo ha sempre appoggiato.

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