Estero

La Turchia ha fretta di combattere nel Nagorno-Karabakh

Mosca sollecita Armenia e Azerbaigian a negoziare, mentre Ankara è "pronta ad aiutare Baku a riprendersi le sue terre occupate"

29 settembre 2020
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La Turchia è "pronta ad aiutare l'Azerbaigian a riprendersi le sue terre occupate" dall'Armenia nella regione separatista del Nagorno Karabakh. Mentre continuano gli scontri scoppiati domenica tra le truppe di Baku ed Erevan, con un bilancio di decine vittime su entrambi i fronti, i rischi di un intervento esterno nel conflitto riesploso nel Caucaso meridionale si fanno sempre più forti.

"L'unica soluzione è il ritiro dell'Armenia dalle terre azere", ha avvertito oggi il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu. "Al tavolo negoziale e sul terreno, siamo a fianco dell'Azerbaigian. Vogliamo risolvere questo problema alla radice", ha aggiunto il capo della diplomazia di Recep Tayyip Erdogan, prima della riunione d'emergenza a porte chiuse del Consiglio di sicurezza dell'Onu sulla crisi, sollecitata da Francia e Germania. "Soltanto il dialogo potrà portare a una soluzione", perché l'Armenia "non si arrenderà", ha replicato dal canto suo il presidente armeno Armen Sarkissian.

Secondo Erevan, Ankara sarebbe già parte del conflitto. Dopo le accuse sull'invio di centinaia di mercenari dalla Siria, oltre che di droni e altri armamenti, la Difesa armena ha denunciato oggi l'abbattimento di un suo caccia Su-25 da parte di un F-16 turco nello spazio aereo armeno e l'uccisione del pilota. Il jet sarebbe giunto dall'Azerbaigian a sostegno dell'aviazione e dei droni di Baku, impegnati in bombardamenti di villaggi civili". "Un'affermazione assolutamente falsa", ha replicato la presidenza turca, secondo cui si tratta di "facili trucchi di propaganda". Di "disinformazione armena" parla anche la Difesa azera.

Un clima infuocato, in cui la Russia prova a mediare. "Al Cremlino partono dal presupposto della necessità di un rapido cessate il fuoco e della cessazione dei combattimenti. Qualsiasi dichiarazione di sostegno militare o all'attività militare versa inequivocabilmente benzina sul fuoco", ha dichiarato il portavoce di Vladimir Putin Dmitri Peskov. Il ministero degli Esteri di Mosca ha ospitato consultazioni degli ambasciatori di Erevan e Baku, con cui si dice in "costante contatto". La Russia è legata all'Armenia nell'ambito dell'alleanza militare Csto e ha una base militare nel Paese, ma mantiene importanti rapporti politici e commerciali anche con l'Azerbaigian.

Una tregua immediata e il ritorno al tavolo delle trattative sono stati chiesti oggi anche dalla cancelliera tedesca Angela Merkel in colloqui telefonici separati con il premier armeno Nikos Pashinyan e il presidente azero Ilham Aliyev. L'appello a "porre fine alla violenza" e "riprendere i negoziati il più rapidamente possibile" arriva anche dal segretario di Stato americano Mike Pompeo, che domani sarà a Roma. Intanto sul terreno il conflitto rimasto a lungo congelato prosegue senza sosta. Nei più duri scontri dal 2016, sono ormai quasi cento le vittime confermate. E mentre continuano le rivendicazioni di reciproche conquiste territoriali, si moltiplicano anche le denunce sulle uccisioni di civili. Finora, i morti tra i non combattenti sarebbero almeno sedici.

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