Estero

Haftar annuncia la ripresa dell'export petrolifero libico

Il generale condiziona la riapertura dei terminal alla distribuzione 'equa' degli introiti

18 settembre 2020
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Tripoli - Khalifa Haftar ha annunciato la riapertura per un mese di pozzi petroliferi e terminal libici che sta bloccando da gennaio. Un annuncio  vincolato a una condizione difficile da evitare: gli introiti dell'export non devono finanziare le milizie che controllano Tripoli e che lui considera "terroriste". Il vicepremier Ahmed Maitig ha comunque confermato la decisione sulla riapertura di pozzi e terminal e ha rassicurato parzialmente il generale: una commissione congiunta vigilerà che i proventi miliardari in dollari saranno equamente ripartiti fra le due parti in cui è attualmente spaccata la Libia. Si tratta della Tripolitania del premier dimissionario Fayez al Sarraj e la Cirenaica di Haftar, uomo non più così forte dopo i 15 mesi di assalto a Tripoli fallito nel giugno scorso.

"Abbiamo deciso di riprendere la produzione di petrolio e l'export a condizione di una equa distribuzione degli introiti", ha detto Haftar parlando in tv e facendo aggiungere la limitazione temporale "per un mese" a un comunicato che sottolinea il ruolo guida di Maitig e semina zizzania indicando per nome (il capo dell'Alto Consiglio di Stato Khaled al-Mishri) chi a Tripoli frena il vicepremier. L'altra condizione è che i petroldollari "non saranno usati per sostenere il terrorismo", un sinonimo, per lui, delle milizie che sostengono Sarraj a Tripoli e rendono inattaccabile Misurata.

Le Guardie degli impianti petroliferi, che assieme sostenitori tribali del generale in gennaio avevano attuato il blocco costato finora quasi dieci miliardi di dollari alle quasi vuote casse libiche, hanno annunciato un'autorizzazione data alle compagnie petrolifere di riprendere le operazioni di export. Segno però di quanto il fronte tripolino sia diviso, e di come l'annuncio di Haftar possa rimanere per ora senza seguiti concreti, la Compagnia petrolifera nazionale (Noc) lbica ha reso noto che non revocherà lo "stato di forza maggiore" che impedisce di operare normalmente. Il motivo: l'attuale militarizzazione di campi e terminal presidiati da "mercenari stranieri" (fra l'altro russi). 

Tripoli del resto è in una delicatissima fase di passaggio: mercoledì' al-Sarraj ha annunciato l'intenzione di dimettersi entro fine ottobre cedendo il passo a un nuovo esecutivo che dovrebbe scaturire dai negoziati nell'ambito del "Dialogo Politico Libico" sotto egida Onu. "Si tratta di una decisione di grande responsabilità in una fase critica della storia della Libia", ha sottolineato la Farnesina auspicando "che tutte le parti sostengano con responsabilità il percorso di dialogo verso una soluzione concordata alla crisi nell'alveo del Processo di Berlino". Facendo leva su una produzione di oro nero crollata a circa centomila barili al giorno dall' 1,22 milioni pre-blocco, con il suo corollario di black-out che stressano la popolazione, Haftar "scatenerà una grande opposizione da parte di fazioni politiche e Noc", prevede l'analista Wolfram Lacher del think tank Swp di Berlino. Un primo segnale sono informazioni veicolate da Twitter su un'irruzione di miliziani nell'hotel di Tripoli dove Maitig avrebbe dovuto tenere una conferenza stampa.

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