Estero

Accordo di pace con i ribelli in Sudan

La mediazione di Salva Kiir ha favorito l'intesa tra Khartoum e le formazioni armate (Darfur compreso)

31 agosto 2020
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Un accordo di pace che rappresenta per il Sudan una pietra miliare della sua travagliata storia è stato firmato tra i leader del governo di transizione e i capi di cinque gruppi ribelli.

Una cerimonia a Juba, capitale del confinante Sud Sudan, ha visto i festeggiamenti dei protagonisti dell'intesa, impegnatisi a realizzare un programma ambizioso dopo oltre 17 di conflitto.

Il primo ministro del Sudan, Abdalla Hamdock, ha dichiarato che questa firma è l'inizio di "una strada verso la pace", dedicando l'accordo ai bambini nati nei campi di sfollati e ai loro genitori.

I vecchi nemici hanno espresso la propria soddisfazione alla presenza di Salva Kiir, presidente del Sud Sudan e mediatore durante i negoziati, e tra i messaggi di supporto sono arrivati quelli dell'Onu e della Lega Araba.

In tanta soddisfazione, però, non mancano le ombre, visto che all'accordo non hanno aderito due fazioni del Movimento di liberazione del Sudan (Slm) e del Movimento di liberazione nord del Sudan (Splm-n) rispettivamente guidate da Abdelwahid Nour e Abdelaziz al-Hilu, invitati da Malik Agar, capo di Splm-n, a "non perdere quest'opportunità storica" unendosi all'intesa, facendo così eco all'appello di Hamdock.

L'accordo gode del sostegno del Fronte rivoluzionario del Sudan - organizzazione di gruppi ribelli della regione occidentale del Darfur e degli Stati a sud, Kordofan Meridionale e Nilo Azzurro - e prevede questioni chiave relative a sicurezza, possesso della terra, giustizia di transizione, divisione dei poteri e ritorno delle persone sfollate dai combattimenti, nonché lo smantellamento delle forze ribelli e l'integrazione dei suoi combattenti nell'esercito nazionale.

Punti non facili da realizzare, come rimarcato dal ministro dell'Informazione del Sudan, Faisal Mohammed Salih, aggiungendo che però "noi abbiamo questa volontà politica".

Secondo le stime dell'Onu, solo in Darfur sono state circa 300 mila le vittime dei gruppi ribelli dall'inizio delle loro operazioni nel 2003, con il precedente governo di Omar al-Bashir accusato di genocidio e crimini contro l'umanità.

Mentre il trentennale autocrate del Sudan è a processo per il golpe del 1989 con cui andò al potere e la Corte penale internazionale lo aspetta all'Aja per le gravi accuse sul Darfur, il governo di transizione puntella così la propria legittimità all'insegna di una promessa di sicurezza che oggi fa ben sperare.

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