Estero

Convention repubblicana a porte chiuse, fuori i giornalisti

Trump deve riunciare allo show della nomination, forse il partito non vuole essere trascinato nella sua sconfitta

2 agosto 2020
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Non era mai accaduto nella storia americana, almeno in tempi moderni: la convention repubblicana, ogni quattro anni uno degli eventi mediatici più seguiti, chiusa alla stampa, vietata agli organi di informazione. A fine agosto a Charlotte, in North Carolina, niente giornalisti, operatori televisivi, fotoreporter. "Una decisione sconsiderata", attacca l'associazione dei corrispondenti della Casa Bianca. Ma la mossa rischia di tarpare le ali soprattutto a Donald Trump: quello che doveva essere lo show mediatico per rilanciare le sue chance di rielezione, infatti, è ormai ridotto a un semplice passaggio burocratico, dove un pugno di delegati - solo 336 su 2.500 - discuterà e voterà per tutti gli altri rigorosamente a porte chiuse.

La decisione senza precedenti di tenere fuori giornali, tv, radio è stata annunciata da un portavoce del comitato organizzatore della convention, e motivata ufficialmente con le restrizioni imposte dalle autorità locali alle prese con la lotta al coronavirus. Si vuole evitare insomma che l'afflusso in città di migliaia di persone comporti il rischio di una ulteriore impennata dei contagi. Così Donald Trump, che aveva già dovuto rinunciare all'oceanico bagno di folla sognato per mesi, ora non potrà avere nemmeno quella straordinaria copertura mediatica su cui sperava per avere una spinta decisiva nei sondaggi, quelli che a tre mesi dal voto lo vedono sempre più dietro al rivale Joe Biden, sia a livello nazionale sia nella decina di stati chiave come la Florida o il Texas: guarda caso i due più colpiti dal virus insieme alla California.

Come se non bastasse, non è detto che Trump accetti la nomination presidenziale con un discorso pubblico, magari trasmesso via streaming: negli ambienti della sua campagna e del partito si ipotizza anche una presenza di Trump a Charlotte solo per ringraziare privatamente i delegati. Altro che il mega comizio che era stato messo in cantiere dalla Casa Bianca a Jacksonville, in Florida, poi cancellato perché proprio nell'epicentro della pandemia. Il virus, dunque, non guarda in faccia a niente e a nessuno, e continua a stravolgere una campagna elettorale in cui molte delle prassi e delle regole sono ormai saltate.

Anche se alcuni osservatori, dietro all'inusuale decisione di tenere i media alla larga della convention del Grand Old Party, vedono dell'altro: un tentativo dell'establishment repubblicano, sempre meno allineato con la linea erratica del presidente, di limitare i danni per il partito, con una sovraesposizione di Trump che potrebbe risultare nociva. Perché il 3 novembre si voterà non solo per la Casa Bianca ma anche per il Congresso, e il timore è che Trump trascini con sé i candidati conservatori facendo perdere al partito anche il Senato. Del resto non sarebbe un caso che un esponente repubblicano del calibro di Mitch McConnell, leader dei senatori, abbia dato indicazioni ai candidati del partito di distanziarsi dalla linea del presidente se percepiscono che questa li danneggi.

 

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